Marciare in difesa della vita!
Papa Giovanni Paolo II ha coniato un’espressione bellissima per descrivere una realtà brutta e tristissima: la cultura di morte. Questa espressione, usata molte volte nei discorsi nel Pontefice, sta ad indicare un insieme di tendenze sociali, politiche e ideologiche che ignorano e a volte disprezzano la sacralità della vita umana e il rispetto che le è dovuto. Non si tratta di denunciare l’esistenza di assassini o criminali, trafficanti di uomini o politici corrotti, cose queste, purtroppo, vecchie quanto il mondo. Si tratta di una cultura, cioè di una pseudo- civiltà che tende a soppiantare la civiltà cristiana (essenzialmente sacrale, solidale e umanistica) con una sorta di anti-civiltà o di civiltà al contrario, fondata sull’edonismo, sul materialismo, sul relativismo etico e sul laicismo di Stato.
Tra i pilastri di questa cultura di morte c’è l’aborto. La legittimazione dell’aborto, la sua giustificazione morale, la sua ammissibilità legale come se fosse un diritto da garantire ad ogni donna, in una società laica, moderna e avanzata.
Tra le principali officine dell’abortismo e della lotta per l’autodeterminazione in tema di sessualità e di famiglia spicca nel mondo intero, seppur dietro una fama tutt’altro che rosea, la Planned Parenthood, fondata negli Stati Uniti, come lega tra vari gruppi libertari, oltre 90 anni fa.
E’ appena uscito il rapporto annuale (Annual report) dell’associazione. Esso contiene dei dati che, comunque la si pensi, fanno obiettivamente una certa impressione. Nel 2017, l’associazione abortista americana dichiara di aver realizzato 321.384 aborti, per un corrispondente guadagno di 98,5 milioni di dollari! Non c’è che dire: pecunia non olet (nemmeno di sangue).
L’ex direttore di Planned Parenthood Abby Johnson ha poi dichiarato che nel 2017 c’è stato un calo nelle richieste dei loro servizi: “100.000 persone in meno dell’anno precedente” avrebbero domandato un aborto. Il medesimo ha aggiunto che l’associazione, più che un organismo per la tutela della salute della donna, è ormai divenuta a tutti gli effetti “un movimento politico pro aborto che tende a diffondere la propria visione del mondo”. Parole anodine e che parrebbero tutto sommato autocritiche. Forse, ci si è resi conto, che il vento è cambiato e la politica apertamente natalista di Donald Trump, unita agli scandali che hanno visto al centro proprio Planned Parenthood (accusata di vendita illegale di feti), hanno reso i pro choice un tantino più prudenti.
Di sicuro, l’amministrazione Trump, al contrario di quella di Obama, ha sostenuto fin da subito la imponente March for Life che ogni anno si tiene a gennaio nella città di Washington, a due passi dalla Casa Bianca. Quest’anno la celebre March si terrà domani 19 gennaio, e vedrà tra vari rappresentanti del governo, la presenza di Paul Ryan membro insigne del partito repubblicano e presidente della Camera dal 2015.
Molti vescovi americani non solo sostengono apertamente la Marcia ma non esistano a scendere nelle strade, malgrado il freddo glaciale, per unire la loro autorevole voce a quella delle centinaia di migliaia di giovani presenti, schierati in difesa del rispetto della vita, dal concepimento (e non solo dalla nascita…), sino alla morte naturale (e non indotta…).
Quest’anno i presuli statunitensi, guidati dal cardinal Donald Wuerl di Washington, hanno altresì deciso di offrire ai marciatori il dono di un’indulgenza plenaria, alle solite condizioni previste.
Ma un’altra notevole mobilitazione ci sarà anche al di qua dell’Oceano, con l’annuale Marcia per la vita di Parigi, la quale si tiene solo due giorni dopo la marcia statunitense, ovvero domenica 21 gennaio. La Marche pour la Vie è la più grande manifestazione pro life dell’Europa occidentale con oltre 50.000 presenze, ed è il momento di ritrovo di moltissime realtà associative che si battono quotidianamente per la vita, la famiglia tradizionale e il rispetto della moralità, la lotta alla pornografia e alla prostituzione, la difesa dei bambini down e degli embrioni dalle manipolazioni e dai traffici dovuti all’utero in affitto, etc. etc.
Anche Papa Francesco, parlando l’8 gennaio scorso ai rappresentanti del Corpo diplomatico ricevuti in Vaticano, ha dichiarato così senza peli sulla lingua: “A settant’anni di distanza [dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dell’Onu], duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati. Primo fra tutti quello alla vita, alla libertà e alla inviolabilità di ogni persona umana. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono. Nel nostro tempo ci sono forme più sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti”.
Tutto questo mondo, pur essendo per definizione apolitico ed extrapolitico, non è però privo di peso sociale e culturale, e giova notare che regolarmente le battaglie in difesa della vita e della famiglia, vengono sostenute da politici demonizzati dai mass media come Trump in America, Orban in Ungheria, Putin in Russia o Andrzey Duda, in Polonia.
E’ auspicabile che tutte queste manifestazioni, come la stessa Marcia per la vita italiana (che si terrà a Roma il prossimo 19 maggio 2018), risveglino le coscienze e creino un fronte compatto e dinamico per la tutela dei principi non negoziabili, come li chiamava Benedetto XVI. Tra essi, il matrimonio tra un uomo e una donna, la sacralità della vita umana innocente e il rispetto del malato, in qualunque condizione si trovi, appaiono come fondamentali e decisivi.
Fabrizio Cannone