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I malati gravi che chiedono l’eutanasia sono una minoranza!

Vivere

Francesco Napolitano è il presidente dell’associazione “Risveglio” di Roma.
Grazie ad essa, in diverse strutture preposte, come “Casa Iride” e “Centro Adelphi”, sono assistiti malati gravi, persone in stato vegetativo, minima coscienza o che stanno uscendo dagli stadi di coma e stanno riabilitandosi.
“Invito a venire a vedere i nostri ospiti: mai, in vent’anni, abbiamo ricevuto richieste di farla finita o rimpianto per essere stati assistiti in chi ha superato lo stato vegetativo: prevale in tutti una vitalità prorompente” -dice Napolitano.

“Non è un caso che, quando ci fu la vicenda di Eluana Englaro, le nostre famiglie abbiano manifestato davanti a Montecitorio, per salvare la ragazza, perché si sentivano defraudate del criterio della dignità della vita. La domanda era: stiamo assistendo invano i nostri cari? Siamo pazzi a prenderci cura in modo totalizzante dei nostri parenti?”.
Per queste persone non c’è quell’attenzione mediatica, che è sempre presente quando qualcuno decide di rinunciare alla lotta e invoca l’intervento delle autorità, per definire una sorta di libertà sulla possibilità di vivere o morire.

Sono tante i disabili/malati che, invece, vogliono vivere e hanno bisogno del sostegno di tutti e delle autorità, soprattutto, perché i familiari siano messi in grado di occuparsi di loro, di queste anime deboli, ma pulsanti, in condizioni di estrema sofferenza, che necessitano di cure urgenti e legittime, per rivendicare, giustamente, una propria e rispettabile dimensione di vita.

Professionisti come Paolo Fogar, presidente della Federazione Nazionale Associazioni Trauma Cranico, cercano di dare voce ai disabili/malati con una carta dei diritti, un documento condiviso con molte altre associazioni, che non lasciano soli i familiari, nato per “tutelare la dignità, la libertà e i diritti delle persone in stato vegetativo e di minima coscienza e di gravi disabilità acquisite”, che prendono le distanze dai sostenitori dell’eutanasia e chiedono che le persone in stato vegetativo o di minima coscienza possano fare un “percorso di cura e assistenza”, grazie al fatto che “la famiglia abbia il diritto di essere accompagnata, sostenuta e formata nel percorso di cura e partecipe nel progetto di vita”.

Anche Gian Pietro Salvi, primario di Riabilitazione Neuromotoria e Presidente della Rete Associazioni Riunite per il Trauma Cranico e le Gravi Cerebrolesioni Acquisite, conferma e sottolinea che “Le associazioni fanno un lavoro incredibile per aiutare le persone a vivere al meglio, assistendole sia dal punto di vista fisico, sia psicologico, sia economico. E in tanti anni non abbiamo mai avuto una richiesta “al contrario”, che non fosse per assistere e aiutare chi è nella prova”. “C’è bisogno di maggiore assistenza sul territorio: una volta uscite dagli stadi più gravi e tornate a casa, queste persone hanno tante necessità e le famiglie vanno sostenute nell’assistenza medica e nelle maggiori spese (garze, cerotti, disinfettanti, creme, per non parlare talvolta di badanti) che devono sostenere e che solo poche regioni aiutano a coprire”.

E’ questa la sensibilizzazione che bisogna portare avanti, queste le intenzioni di chi riconosce la vita come sacra e degna di essere vissuta, in ogni suo aspetto e qualunque cosa ci riservi.

Antonella Sanicanti

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