Che La Chiesa sia sotto attacco questo è indubbio, sia dall’esterno che dall’interno come i fatti degli ultimi giorni dimostrano ampiamente. che di mezzo ci sia lo sterco del diavolo è indiscutibile, ma siamo stanchi di gente che usa queste notizie per screditare e insinuare dubbi e amarezza nei fedeli.
La santa Chiesa di Dio è fatta da uomini e come tali deboli e fallaci, ma ciò che essa rappresenta Cristo in terra, non può essere offuscato da scandali e illazioni atte a minare la stabilità della stessa.
A girare per incontrare cardinali, nei palazzi bellissimi e lussuosi che si susseguono uno in fila all’altro, fra abitazioni e uffici dicasteriali, percorrendo la via della Conciliazione che si allarga su Piazza San Pietro, alla fine gira sul serio un po’ la testa. Bisogna allora scendere gli scaloni, rimettere i piedi a terra, allontanarsi dal centro, battere la periferia, visitare le parrocchie di zone meno cruciali. E parlare con i sacerdoti di qualche chiesa lontana da Roma.
Come il don Vincenzo di San Benedetto del Tronto, che si autodefinisce semplicemente “un prete”. L’altro giorno ha preso il telefono e chiamato un programma di Rai Radio3 per parlare di “questo benedetto Vatileaks, che mi appassiona tantissimo “. Don Vincenzo non vede lo scandalo scoppiato come del tutto negativo: “Io, come prete, come faccio a non amare la mia Chiesa? La amo con passione, con lucidità. E proprio perché amo la mia Chiesa non la voglio vedere sporca. Io voglio una Chiesa bella, pulita, voglio una Chiesa evangelica. Quindi, ben venga la chiarezza, la verità, la conoscenza anche dei fatti negativi. Si è detto di attacchi dall’esterno, di manovre ispirate da chissà chi. Ma quali manovre? Le facciamo da soli le cose brutte. Siamo noi, all’interno della Chiesa, che dobbiamo fare una pulizia”.
Così il malessere di questi giorni difficili, di accuse e tensione, di prime pagine che straboccano di titoli, di foto sui settimanali pieni di attici e terrazze nelle disponibilità dei prìncipi del Vaticano, erompe nelle parrocchie lontane da Piazza san Pietro. Dove i primi a storcere il naso non sono soltanto i credenti, ma i sacerdoti.
Ecco cosa ne pensano alcuni di loro:
Don Renzo Zocca, parroco di Santa Lucia a Pescantina, in provincia di Verona, ha avuto il suo momento di celebrità come “il prete della Renault 4” regalata a Papa Francesco, in Vaticano divenuta una papamobile inconfondibile. L’altro ieri ha detto ad Avvenire: “La missione del Papa è grande, quello che sta capitando in questi giorni fa male, ma non deve offuscare né quello che lui sta facendo né quello che la Chiesa fa, anche seguendo il suo esempio. Se ci sono stati episodi disdicevoli in Vaticano, si faccia ordine, si chieda scusa. Ma sia ben chiaro che la Chiesa è un’altra cosa”.
Padre Sebastiano Giuseppe Lai, invece, a Roma è parroco di San Giuseppe all’Aurelio: “Noi sacerdoti siamo i più arrabbiati – afferma – in tanti diamo il sangue nelle nostre parrocchie, poi la gente scopre queste storie. È come per i preti pedofili: quella è la mia rabbia più grande. Io sto coi bambini, ridiamo e scherziamo, non vorrei mai che qualche genitore dicesse al figlio di stare attento”.
Aggiunge un ecclesiastico spagnolo – in questi giorni alcuni di loro sono spesso interpellati per via del presunto “corvo” in cella, il monsignor Lucio Vallejo Balda oggi nella guardina della Gendarmeria vaticana: “Lui non è affatto uno stupido. Era solo un po’ megalomane, si sentiva vicino al Papa. Qualcuno probabilmente lo ha usato. Ma questa vicenda, adesso, è diventata una questione di credibilità per la Chiesa. È vero che molti sacerdoti sono spesso ingenui, e questa purtroppo è una caratteristica di buona parte del clero: cadono in tranelli finendo per essere manipolati da altri. Ma che ci voglia pulizia all’interno, questo è poco ma sicuro “.