Domenico Tarcisio Cortese era giunto a Mileto nel 1979. Proveniva dal convento di S. Francesco d’Assisi In Cosenza, di cui era stato padre guardiano, accompagnato dalla fama di prete di razza, abituato a parlare senza peli sulla lingua. L’ex capitale normanna lo aveva accolto, vestita con i colori della letizia e ,come da protocollo, con i testa il sindaco, i presbiteri, i religiosi, le religiose e soprattutto il popolo di Dio. Alla guida dell’antica diocesi lo aveva preceduto per tantissimi anni il mite monsignor Vincenzo De Chiara, di origini lucane, profondo conoscitore della figura di San Paolo, pastore dalla fede profonda, ma poco incline a tuffarsi in mezzo alla gente . Tra Mileto e monsignor Cortese, che aveva vissuto l’infanzia nella sua San Giovanni in Fiore, fu amore a prima vista, destinato a resistere a qualsiasi intemperia. Un sentimento che non venne mai meno e che durò fino al giorno in cui il cuore generoso del battagliero francescano silano, già acciaccato per alcuni malanni, cessò improvvisamente di battere.
Ma torniamo a quel 1979. Natuzza viveva in quegli anni a due chilometri esatti dalla sede vescovile della cattolicissima Mileto viveva, a Paravati, nella sua semplice e accogliente casa di via Nazionale, circondata dal verde e dalle visioni delle anime dei morti. Ed era qui. in una stanzetta attigua, che ogni giorno la mistica riceveva centinaia di pellegrini provenienti da ogni parte d’italia. Un’umanità, con tanti volti segnati dalla sofferenze e dalle tribolazioni dell’anima, alla quale Mamma Natuzza sapeva dare conforto e speranza con la fermezza e la delicatezza delle sue parole. Il primo incontro tra il vescovo e Fortunata Evolo avvenne proprio in quello stesso anno. Fu la stessa mistica ad andare a fare visita al presule nei locali della Curia vescovile. “Eccellenza -disse quel giorno Mamma Natuzza al presule – se volete che io non riceva e non parli con le persone, io vi obbedirò”. E Cortese, con il suo sorriso accogliente, le rispose che lui non aveva né la facoltà di impedirle di parlare, ma neppure il desiderio di ostacolare i suoi incontri con la gente, “anche perchè ero convinto – confiderà poi alcuni anni più tardi al cronista – che gli incontri di Natuzza con la gente avrebbero procurato solo del bene”. L’ex padre guardiano dei francescani, già sin dall’inizio del suo mandato pastorale, aveva, dunque, visto giusto.
Ma la vera svolta arrivò nella primavera del 1987 nel momento in cui il pastore della chiesa diocesana, da uomo illuminato, diede il via libera alla nascita dell’ associazione, che sarebbe poi diventata Fondazione, voluta proprio da Natuzza, per “l’ elevazione integrale dell’uomo, la sua educazione umana e spirituale, attraverso ogni forma di manifestazione culturale, compreso lo sport, la realizzazione di opere assistenziali a favore dei giovani, dei portatori di handicap, di persone anziane e, comunque, di quanti si vengono a trovare in situazioni di bisogno”. Un impegno a 360 gradi che a Paravati si sta già concretizzando insieme alla grande chiesa che si chiamerà Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime, così come la Madonna aveva fatto sapere a Fortunata Evolo nel lontano 1944.
“Le finalità della Fondazione sono e restano – dirà poi negli anni a venire monsignor Domenico Tarcisio Cortese, il primo vescovo ad aprire concretamente le braccia al grande mistero di Paravati – quelle dettate dal Cuore di Natuzza Evolo, che dal Vangelo ha tratto l’ispirazione e l ’ardire di indicare traguardi e finalità soprattutto di alto profilo spirituale , ma anche di notevole valore sociale e culturale per servire l’uomo”.
Un altro aspetto che Il presule ebbe, poi, modo di mettere più volte in evidenza è legato alla totale obbedienza di Mamma Natuzza alla chiesa anche “nei momenti più difficili della sua vita a causa delle incomprensioni sorte negli stessi ambienti ecclesiastici”.
Nel frattempo i protagonisti di questa feconda stagione hanno concluso il loro percorso terreno lungo le vie dello spirito. La mistica venne a mancare nel giorno di Tutti i Santi del 2009; monsignor Cortese esattamente due anni dopo. Ma nulla muore finchè esiste il ricordo e nulla scompare tra gli uomini accompagnati dalla forza dirompente della fede. Si legge sulla tomba di Fortunata Evolo. “Non cercate me . Alzate lo sguardo verso Gesù e la Madonna. Io sono con voi e prego”.
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