Dei ricercatori hanno creato in laboratorio degli embrioni ibridi di uomo-scimmia, ma sono molti a pensare che stavolta si sia davvero compiuto un passo di troppo.
Ormai è evidente che l’umanità, sempre più priva della fede in Dio, fa di tutto per sostituirsi a lui, per inseguire il sogno di diventare essa stessa come Dio. Dimenticandosi però che in questo modo non farà altro che condannarsi alla rovina e all’autodistruzione. Tutti i regimi e imperi più tirannici della storia dell’umanità hanno inseguito l’utopia di una vita terrena eterna, e puntualmente sono scomparsi dalla storia.
Oggi la società in cui viviamo è plasmata dall’ateismo che rifiuta Dio e ogni conoscenza della verità per inseguire illusioni e convinzioni parziali, egoistiche e in ultima istanza tremendamente dannose, quasi letali. Ad essere idolatrata, in questo passaggio della storia dell’umanità che prosegue almeno da oltre un secolo, è la scienza, che si crede si possa sostituire alla verità e quindi anche spingersi oltre ogni limite dell’etica e della morale, arrivando persino a forzare le leggi della natura.
Con conseguenze, però, fortemente imprevedibili. L’ultima notizia è raccapricciante e preoccupante. Alcuni scienziati infatti hanno creato con successo un ibrido di un embrione metà umano e metà scimmia. Una direzione che si sta seguendo da anni, con l’obiettivo, inizialmente buono, di raggiungere risultati e vantaggi significativi in campi come la medicina rigenerativa.
Prendendo embrioni di macaco dalla coda lunga, una squadra di scienziati, guidata da Izpisua Belmonte,ha iniettato 25 cellule staminali umane all’interno di alcuni blastociti di scimmia, creando embrioni ibridi, chiamati anche “chimere”. Si tratta di una forma di cellula staminale, dette pluripotenti estese, che ha la capacità di contribuire sia all’embrione sia ai tessuti circostanti che ne sosterranno lo sviluppo.
Dopo questa iniezioni, gli esperti sono stati in grado di vedere che le cellule umane si erano integrate con successo in 132 degli embrioni di macaco. Dopo altri dieci giorni, 103 degli embrioni chimerici erano ancora vivi e in via di sviluppo. Accadde però che il tasso di sopravvivenza iniziò a diminuire. Il diciannovesimo giorno, solo tre chimere erano ancora vive.
Risultati che sono stati presentati come migliori rispetto agli esperimenti uomo-maiale del 2017. Si è detto che si è cercato di portare avanti questi esperimenti nella maniera più etica possibile. La verità è che non c’è davvero alcun tipo di etica nel volere superare ogni limite che la natura pone all’umanità. Si tratterebbe infatti di usare gli animali per fabbricare “pezzi di ricambio” per l’uomo. Già da qui si capisce come il progetto congiunto tra Stati Uniti e Cina, pubblicato sulla rivista scientifica Cell, sia eticamente inaccettabile.
“Capire quali percorsi sono coinvolti nella comunicazione delle cellule chimeriche ci permetterà eventualmente di migliorare questa comunicazione e aumentare l’efficienza del chimerismo in una specie ospite che è più distante evolutivamente dall’uomo”, sono le parole del capo dell’esperimento Izpisua Belmonte, professore presso il Laboratorio di Espressione Genica al Salk Institute for Biological Sciences.
La domanda che però ci si pone è perché arrivare a creare embrioni in parte umani e in parte animali. Questo perché secondo molti esperti di bioetica questi ricercatori potrebbero aver fatto un passo troppo lungo, puntando a sviluppare organi trapiantabili per gli esseri umani. “La domanda è molto più alta dell’offerta”, avrebbe affermato Belmonte. La domanda, però, posta dalla dottoressa Anna Smajdor, della Scuola di Medicina dell’Università di East Anglia Norwich, è: questi embrioni sono umani o no?
“Una chimera uomo-maiale non è né completamente un maiale, né completamente umano”, è la risposta di Julian Koplin, un ricercatore del Biomedical Ethics Research Group. Che continua a chiedersi: “Come dovremmo trattare questa creatura?”. Di fatto, sappiamo che in molti Paesi la legge limita la ricerca ai primi 14 giorni di sviluppo dell’embrione. In Italia, ad esempio, è vietata la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione.
In questo caso, questi embrioni chimerici sono stati coltivati fino a 19 giorni post-fertilizzazione. C’è da capire quante cellule umane sono considerate il massimo affinché un embrione chimerico non sia trattato come un embrione umano. Senza contare poi che i macachi a coda lunga utilizzati per l’esperimento sono considerati ad alto rischio di estinzione nel medio periodo.
Se si pensa poi che già, oltre alle chimere uomo-maiale create nel 2017 sempre da Izpisua Belmonte e il Salk Institute, alcuni scienziati portoghesi, sempre nel 2017, hanno creato un virus chimera, un virus di topo con un gene virale umano, in tempo di Covid non ci si sente di certo rassicurati. Qui in sostanza non si tratta di essere più o meno a favore della scienza, ma di capire se coltivare un pancreas in una scimmia e trapiantarlo sia qualcosa di desiderabile o meno per l’umanità.
A molti tutto ciò fa pensare molto più a un film dell’orrore che non a una testimonianza del progresso. Davvero si è così persa la fede nell’aldilà, si è così rimossa anche solamente l’idea della morte come parte naturale della vita, da volere ricercare a tutti i costi l’immortalità terrena, al punto da pensare di creare una scimmia con la pelle umana per scuoiarla e poi prelevarvi organi vitali?
“La creazione di embrioni chimera uomo-scimmia porta a pochi vantaggi e a numerosi interrogativi”, spiega Giuseppe Novelli, genetista dell’Università Tor Vergata di Roma, commentando il controverso esperimento. “Esistono due modi per creare una chimera. Il primo: introdurre gli organi di un animale in un altro. Un metodo che non funziona, perché il sistema immunitario dell’ospite può causare il rigetto dell’organo. Il secondo: iniziare l’innesto a livello embrionale, introducendo le cellule staminali di una specie nell’embrione di un altro e lasciandole crescere e sviluppare insieme in un organismo divenuto in questo modo ibrido”.
L’esperimento appena pubblicato sulla rivista Cell fa parte di questa ultima categoria. “In passato vi sono stati in tal senso già alcuni esperimenti, realizzati tra specie diverse (topi diversi e tra topi e ratti, ratti-maiale), con l’obiettivo di produrre organi di una specie in un’altra. I topi risultanti sono riusciti a vivere fino all’età adulta. In questo lavoro, invece sono state utilizzate cellule staminali embrionali umane inserite in una blastocisti di scimmia (specie molto vicina a noi) che sono state coltivate per 20 giorni in provetta e quindi analizzate per studiare la biologia e la biochimica nelle prime fasi dello sviluppo”.
Come spiega il genetista italiano, però, di certo “non sono pochi gli interrogativi che questo esperimento solleva: non solo di natura squisitamente tecnica e scientifica ma soprattutto di tipo etico e sociale. Introdurre cellule staminali embrionali umane nella blastocisti di un macaco è fortemente vietato da tutte le line guida di bioetica esistenti: le cellule chimeriche embrionali sono potenzialmente in grado di generare embrioni-chimera – e quindi feti – di cui non sappiamo nulla. Nulla su di essi e sulla loro capacità di formazione di organi e tessuti”.
Insomma, le domande sono molte e le risposte, in effetti, troppo poche. Per il genetista tali vicende “richiedono a istituzioni di ogni paese di essere vigili e selettivi nel sostenere e autorizzare queste ricerche”. Il rischio è aprire “la strada a compromessi che si presentano, al momento, inaccettabili da molti punti di vista”. Le domande che Henry Greely e Nita A. Farahany, due studiosi del Centro per la legge e le bioscienze dell’Università di Stanford, sono in particolare cinque.
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Hanno a che fare con il benessere degli animali, e la donazione degli ovociti utilizzati nell’esperimento. Poi con l’uomo, e con la provenienza delle cellule staminali trasferite negli embrioni. Terzo, con la mancanza totale di dibattito in seno all’opinione pubblica. Quarto, con il bisogno di darne vita a uno serio e approfondito. Cinque, con l’idea che in futuro ricerche simili potrebbero essere condotte anche su embrioni impiantati in animali vivi.
Nel romanzo di Mary Shelley “Frankenstein” il protagonista creava un vero e proprio mostro al grido “Si può fare!”. Ma non tutto ciò che si può fare è buono, perché il Signore, nel concederci libero arbitrio, non ha escluso il male dalla terra ma ci ha donato la coscienza e l’intelligenza morale per evitarlo e ricacciarlo negli inferi. Purtroppo, però, oggi le leggi della scienza, della vanità e soprattutto del denaro riescono a passare sopra a qualsiasi compromesso.
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Basta pensare al dispositivo che il magnate della Tesla Elon Musk ha impiantato nel cervello di una scimmia per farla giocare sul computer, o meglio, per pubblicizzare il proprio business di fronte all’alta finanza. Ci si chiede a quale gioco si stia giocando, e soprattutto quale futuro deve aspettarsi l’umanità per mano di questi signori. Quando ci si troverà di fronte alla catastrofe molti, magari tra le prossime generazioni, domanderanno perché le precedenti sono restate in silenzio quando il male cominciava a germinare. Pensiamo già da ora a quale sarà la risposta che riceveranno.
Giovanni Bernardi
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