Le Ong operanti in Libia sfruttano il denaro pubblico come apparso nel servizio delle Iene?
Secondo i responsabili delle Organizzazioni non governative il servizio delle Iene è montato ad arte.
L’attacco delle Iene alle Ong operanti in Libia
La situazione dei migranti in Libia è drammatica, molti sono chiusi in centri di detenzione sovraffollati e vivono in condizioni precarie. Inoltre di recente è emerso come i militari non si facciano scrupolo a sparargli addosso e ucciderli a sangue freddo. Tali condizioni persistono da anni, ma solo ora che è scoppiato un conflitto i media vi stanno ponendo maggiore attenzione. Nel servizio delle Iene andato in onda domenica si chiedeva se le Ong nostrane, finanziate dal governo, stanno effettivamente aiutando queste persone.
Le domande che l’inviato pone ad inizio servizio – intitolato ‘Migranti nei lager in Libia: e i nostri soldi dati alle Ong ? – sono corrette anche se suonano retoriche: “Le Ong cosa fanno con i soldi dati dallo Stato italiano per intervenire in aiuto dei migranti? È possibile davvero intervenire in un contesto del genere? Le autorità libiche permettono un’assistenza? Cosa fanno i capi libici dei centri di quanto viene loro consegnato?”. Il fine è quello di dimostrare che alcune delle Ong presenti nel territorio non darebbero sostegno ai prigionieri, ma è davvero così?
La risposta delle Ong alle accuse delle Iene
Massimo Abenavoli, presidente di Emergenza Sorrisi, ritiene il servizio delle Iene “Un vergognoso attacco e per nulla rispettoso della verità dei fatti”. Secondo il chirurgo il servizio è stato montato ad arte per esigenze narrative e nasconde volutamente la verità. Dal servizio sembra che Abenavoli scappi dall’intervistatore, ma lui racconta una versione differente: “Ho ribadito a questi signori che non avevo problemi a rilasciare un’intervista come concordato e come faccio abitualmente quando me lo chiedono”, spiega infatti il chirurgo che poi aggiunge: “Evidentemente le intenzioni erano altre, visto che quei signori hanno cominciato a inveire urlando contro di noi”.
Sulla medesima lunghezza d’onda anche Gloria Zavatta, presidente del Cesvi. Questa ha spiegato che il servizio si basa sulla testimonianza di 9 ragazzi eritrei e per questo motivo la loro presenza non è stata riscontrata. La psicologa, infatti, spiega che da febbraio a luglio 2018 – il periodo considerato dal servizio – la Cesvi si è occupata delle donne e dei bambini in un campo di detenzione separato. Perché la Ong non l’ha spiegato alle Iene? In realtà parrebbe che l’abbia fatto: “Abbiamo fornito queste ed ulteriori informazioni anche a Le Iene, ma nel servizio non ne è stato fatto cenno”, spiega la Zavatta che poi conclude: “Evidentemente il servizio era orientato fin da subito su una tesi precisa”.
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Luca Scapatello
Fonte: Vita.it