Un’intera giornata, che si ripete anche quest’anno, per porre maggiore attenzione a quelle che sono “le radici” della nostra società e, alle quali, il Santo Padre dedica sempre particolare attenzione.
II Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani, e Papa Francesco ha voluto puntare il dito su di un aspetto molto particolare.
In una società dove tutto scorre veloce e chi non è al passo viene sempre messo da parte o scartato. Questa è l’errata concezione che, purtroppo, si ha oggi. Quando si pensa agli anziani, si pensa a coloro che hanno già percorso buon tratto della loro vita terrena e, ora, alla società stessa, non hanno più nulla da dare perché “non producono”.
Un concetto difficile da accettare, se ci pensiamo bene…perché in fondo non è così. Gli anziani possono anche “non produrre” dal punto di vista lavorativo (come il mondo impone), ma sono le radici della nostra storia, senza le quali noi oggi non saremmo qui.
Se non ci fossero stati i nostri nonni e bisnonni, i nostri genitori non sarebbero nati e, di conseguenza, nemmeno noi. Senza gli anziani, quanti bambini non avrebbero chi li accudisce mentre i loro genitori “sono a lavoro a produrre”, per la società.
Queste e molte altre osservazioni potrebbero essere fatte. Ma è Papa Francesco che, come anche lo scorso anno, ha colto pienamente nel segno il significato della parola e dell’essere anziani. Anche perché, come più volte lui stesso ha detto, “anche io ne faccio parte di questa età”.
Nel suo messaggio per la II Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che si terrà il 24 luglio, il Pontefice parte da un versetto di un salmo: “Nella vecchiaia daranno ancora frutti”. Perché in fondo non c’è nulla di più vero: nessuno può esser messo da parte solo perché “non dà frutto”. Tutti siamo necessari, dal nostro concepimento sino alla fine dei nostri giorni. “A molti la vecchiaia fa paura. La considerano una sorta di malattia con la quale è meglio evitare ogni tipo di contatto: i vecchi non ci riguardano – pensano – ed è opportuno che stiano il più lontano possibile, magari insieme tra loro, in strutture che se ne prendano cura e ci preservino dal farci carico dei loro affanni” – scrive Francesco nel suo messaggio per questa prossima giornata.
La “cultura dello scarto”: “Quella mentalità che, mentre fa sentire diversi dai più deboli ed estranei alla loro fragilità, autorizza a immaginare cammini separati tra “noi” e “loro”. Ma, in realtà, una lunga vita – così insegna la Scrittura – è una benedizione, e i vecchi non sono reietti dai quali prendere le distanze, bensì segni viventi della benevolenza di Dio che elargisce la vita in abbondanza. Benedetta la casa che custodisce un anziano! Benedetta la famiglia che onora i suoi nonni!” – continua Francesco.
Il Papa guarda sempre con un occhio di predilezione gli anziani. Continuamente li esorta a vivere, a non gettarsi via, ad essere sempre attivi: “Dobbiamo, per questo, vigilare su noi stessi e imparare a condurre una vecchiaia attiva anche dal punto di vista spirituale, coltivando la nostra vita interiore attraverso la lettura assidua della Parola di Dio, la preghiera quotidiana, la consuetudine con i Sacramenti e la partecipazione alla Liturgia. E, insieme alla relazione con Dio, le relazioni con gli altri: anzitutto la famiglia, i figli, i nipoti, ai quali offrire il nostro affetto pieno di premure; come pure le persone povere e sofferenti, alle quali farsi prossimi con l’aiuto concreto e con la preghiera”.
C’è una frase che colpisce più di tutte in questo messaggio: “La vecchiaia non è un tempo inutile”. Francesco rimarca su questo punto, affermando che gli anziani possono ancora portare frutto: “La speciale sensibilità di noi vecchi, dell’età anziana per le attenzioni, i pensieri e gli affetti che ci rendono umani, dovrebbe ridiventare una vocazione di tanti. E sarà una scelta d’amore degli anziani verso le nuove generazioni». È il nostro contributo alla rivoluzione della tenerezza, una rivoluzione spirituale e disarmata di cui invito voi, cari nonni e anziani, a diventare protagonisti”.
Quello che fa ancora più capire l’attenzione del papa nei confronti degli anziani, è questo continuo usare la parola NOI: un suo pieno compenetrarsi nella vita degli anziani, rivendicando con forza, fermezza e gioia, il suo anche essere anziano. Non bisogna vergognarsi di esserlo, anzi. “Care nonne e cari nonni, care anziane e cari anziani, in questo nostro mondo siamo chiamati ad essere artefici della rivoluzione della tenerezza! Facciamolo, imparando a utilizzare sempre di più e sempre meglio lo strumento più prezioso che abbiamo, e che è il più appropriato alla nostra età: quello della preghiera” – chiede il Papa.
Francesco rivoluziona il concetto dell’anziano e lo fa, riprendendo il discorso iniziale, alla luce di una società che vuole scartarli. Ma così non deve essere.
A rimarcare le parole del Pontefice è, anche, durante un’intervista alla trasmissione “Che tempo che fa”, un sacerdote, Don Luigi Maria Epicoco. Parlando di come, sin dai tempi di Enea, quando lui, scappando da Troia in fiamme, porta il padre anziano sulle spalle ed il figlio per mano, il sacerdote pone proprio l’accento sull’importanza degli anziani e di come essi siano parte fondamentale della nostra esistenza: “Un gesto pazzesco e profondo quello di Enea […] gli anziani e i giovani: è un gesto molto inclusivo. È la scelta di ricominciare includendo, ritornando all’essenziale”.
“Anche se, nella nostra società, la vecchiaia è diventata un affare, nel senso che vi abbiamo costruito anche un commercio attorno all’anzianità delle persone. Ma non abbiamo il coraggio, e qui Papa Francesco tante volte insiste, di includere la vecchiaia, come un vero capovolgimento antropologico.
Perché se noi viviamo in una società dove si esiste finchè si produce, e quando una persona non produce più, non serve e quindi viene scartata. Qui perdiamo completamente un’umanità di fondo. In realtà, una persona non può valere semplicemente per ciò che produce. Essa vale in sé. E siamo capaci di valorizzare questo?” – spiega il sacerdote.
Ancora una volta le parole di Papa Francesco hanno colpito nel segno. Hanno lasciato in ciascuno di noi un pensiero profondo sul quale meditare. E, in attesa del prossimo 24 luglio, data scelta sempre in concomitanza con la ricorrenza liturgica dei nonni di Gesù, Anna e Gioacchino, anche noi iniziamo a guardare con occhi diverso, di rispetto e soprattutto di ammirazione per ciò che sono stati e per ciò che ancora saranno, i nostri anziani.
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