Parla il cardinale che compare nella presunta lista dei porporati con grandi abitazioni: «Vivo in un appartamento ampio, non lussuoso»
Se domani il Papa mi chiede di lasciare l’appartamento e di andare a vivere in un convento o in una stanza a Santa Marta come fa lui, io obbedisco, anzi lo ringrazio». Il cardinale Velasio De Paolis ha presieduto la Prefettura per gli affari economici, il dicastero vaticano di cui era segretario Vallejo Balda, il monsignore dell’Opus Dei arrestato con la sua collaboratrice Francesca Chaouqui per il furto di documenti segreti. Il porporato di Curia compare nella presunta lista dei porporati con mega-abitazioni rivelata dal libro di Gianluigi Nuzzi. «Lo conosco».
«Sono 250 metri quadri e non 450 e ci abito con due suore. Avevo già rifiutato un altro appartamento più grande e non potevo dire no anche a questo.
Vivo qui in austerità e sobrietà, non ho mai organizzato una cena e se devo uscire mi muovo a piedi. Attenzione al populismo. Non sono i giornalisti a dover misurare il mio stile di povertà. Nuzzi è venuto a casa mia nel 2012 per un’intervista e, con la pubblicazione dei documenti del maggiordomo Paolo Gabriele, diceva di voler aiutare l’azione di riforma interna di Benedetto XVI. Non era così e ora non accetto da lui lezioni di moralità. Certo, se in Vaticano mi chiedono di accogliere i rifugiati, apro subito le porte ai anche se alla mia età avanzata è difficile prendersi cura degli altri».
«Qui dentro di lussuoso non c’è nulla, è una casa antica, sottoposta a vincoli architettonici, non si può mettere mano neppure alle tubature dell’acqua. Sono case interne che per motivi di sicurezza il Vaticano non può mettere a disposizione di estranei e se dovessi pagarne l’affitto non mi basterebbe lo stipendio che ricevo. Ci abito come corrispettivo per il lavoro di una vita al servizio della Santa Sede. Non esiterei a trasferirmi in un mini-alloggio. La fedeltà al Papa è fondamentale».
Eppure lei sui divorziati risposati è stato critico verso le aperture del recente Sinodo dei vescovi…
«Il Pontefice ha chiesto di parlar chiaro, io l’ho fatto. Per un cardinale essere considerato nemico del Papa è devastante. In realtà io seguo Francesco in tutto. I tradimenti sono altri. Lo dimostra la nuova Vatileaks. Sono in corso accertamenti».
È più grave nel 2012 o oggi?
«L’aiutante di camera aveva con Benedetto XVI un rapporto molto più stretto di quanto non lo avessero con Francesco i presunti corvi arrestati ora. In sé registrare la voce del Papa in una riunione è meno grave che sottrarre documenti, però occorre valutare i contenuti e il danno provocato dalla diffusione di informazioni riservate. Soprattutto se ad essere infangata è la reputazione di persone che con la loro condotta non hanno commesso alcun reato. Anche senza giuramento la segretezza è richiesta a chiunque collabori con il Papa. Due membri della commissione sulle finanze hanno tradito la fiducia di Francesco. Un peccato grave e un reato per il quale la giustizia vaticana stavolta andrà fino in fondo procedendo anche verso i complici e i destinatari delle carte trafugate. All’interno nessuno intende trarre beneficio da questo polverone per boicottare la riforma indispensabile»
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