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Il Crocifisso miracoloso è gravemente danneggiato ma c’è una speranza.

L’antico Crocifisso è stato trasferito in Vaticano per l’appuntamento di preghiera con papa Francesco di venerdì 27 marzo 2020.

Trasportato dalla Chiesa di San Marcello al Corso, per poi essere collocato sul sagrato della Basilica di San Pietro. Il Crocifisso è rimasto sotto la pioggia per tutto il tempo dello straordinario momento di preghiera, indetto dal Santo Padre per la pandemia che ha colpito il Mondo.  Circa due ore senza alcuna protezione.

La pioggia battente ha rovinato il Crocifisso

L’acqua battente ha gonfiato il legno del Crocifisso, una scultura lignea del 1400. Gli stucchi in diversi punti sono saltati, così anche delle parti della leggera vernice antica. Anche la tempera utilizzata dall’anonimo artista per disegnare il sangue che sgorga dal costato in alcuni sezioni si è allentata. La superficie lignea della parte dei capelli si è increspata e anche alcuni particolari delle braccia si sono rovinati.

Sono intervenuti gli specialisti del restauro dei Musei Vaticani, per un necessario e urgente lavoro di recupero del prezioso Crocifisso. C’è sconcerto e dispiacere tra i fedeli che venerano il Crocifisso detto “miracoloso” perché ad esso sono legati due straordinari eventi.

I due eventi prodigiosi

Il primo prodigio risale alla notte del 23 maggio, del 1519, durante la quale un incendio distrusse la chiesa. La mattina successiva, quando i fedeli andarono a visitare il rogo, trovarono tra la cenere ancora fumante, il crocifisso – notare in legno – era rimasto miracolosamente illeso.

Il secondo avvenne nel 1522. Roma era stata colpita da una grave pestilenza. I romani, ricordandosi del miracolo del 1519, decisero di portare in processione il crocifisso dalla chiesa di San Marcello alla basilica di San Pietro.  Dalla chiesa si mosse una solenne processione penitenziale alla quale parteciparono il clero, i religiosi, i nobili, i cavalieri, uomini e donne del popolo.

L’intera popolazione romana si mosse al seguito del famoso Crocifisso. La processione iniziò il 4 agosto e durò ben 16 giorni sino al 20 Agosto del 1522. Man mano che si procedeva, la peste dava segni di netta regressione, e dunque ogni quartiere cercava di trattenere il crocifisso il più a lungo possibile. Al termine, quando rientrò in San Marcello, la peste era del tutto cessata: Roma, ancora una volta, terminò il 20.

Foto Vatican Media/LaPresse

Quando venerdì 27, mi sono collegata per seguire la preghiera con Papa Francesco, e ho visto il Crocifisso sotto l’acqua, ho pensato che lo avessero rivestito con una crema protettiva, impermeabilizzante. Per esempio una cera che lo custodisse dalla intemperie. Non sono un’esperta in materia, e a chi invece lo è, questo pensiero potrebbe apparire ingenuo. Ma è stata l’unica spiegazione che lì per lì sono riuscita a darmi.  Non potevo capacitarmi che un Crocifisso di tale valore potesse essere lasciato sotto la pioggia in modo così incauto.

La sofferenza del Cristo tocca i cuori

Quando poi ho appreso la notizia del danno sono rimasta basita! Dopo una serie di pensieri di rammarico per l’accaduto, me n’è venuto uno che mi ha rincuorato. Abbiamo tutti impressa negli occhi e nel cuore quell’immagine del Cristo Crocifisso sotto l’acqua, sofferente. Quel sangue dipinto sembrava reso vivo dalla pioggia battente. Ci ha richiamati tutti, credenti e non, alla sua Passione che in quel momento sembrava attuarsi di nuovo. E’ come se con quel sacrificio inflitto da uomini irresponsabili, Lui si offrisse ancora per noi, per amore, per i cuori più induriti.

Il Signore lo sappiamo è Maestro, anche nell’usare i nostri errori, le nostre mancanze, per convertire ogni cosa al Bene. Anche questa volta. E può usare una grave mancanza umana per riportare a se le anime. Quel Cristo Crocifisso forse senza la pioggia addosso, non sarebbe arrivato con la stessa potenza a chi lo stava guardando. E sono tante le testimonianze di chi ne è rimasto impressionato. I dati dicono che erano circa 17 milioni gli spettatori, tra tv e web collegati che hanno partecipato alla preghiera con la benedizione Urbi et Orbi di papa Francesco.

Non possiamo sapere né immaginare, come e cosa Lui ha operato in chi lo ha visto così, crocifisso, bagnato, sofferente. E questo mi consola. Mi auguro altresì che mani esperte e competenti possano riportare al suo splendore originario, ciò che altri hanno gravemente danneggiato.

Simona Amabene 

 

 

Simona Amabene

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