Il nuovo Governo dovrebbe arginare e combattere l’ideologia del piacere: eccone le ragioni di fondo.
Papa Giovanni XXIII nel 1961 metteva in guardia i fedeli da “questo nostro mondo contemporaneo e modernissimo, dove tanti impazziscono per il fascino e la seduzione dei piaceri, che preparano le delusioni e gli accoramenti” del domani. Negli anni successivi al ‘68 – la rivoluzione del piacere e del godimento senza intralci – i tanti di cui parlava Angelo Giuseppe Roncalli sono diventati tantissimi e le conseguenze sociali dell’edonismo sono esplose.
Non a caso, un papa moderato ed umanista come Paolo VI, nel 1974, parlava della società del suo tempo come “un’epidemia di delinquenza, sono solo individuale, ma sciaguratamente organizzata (…); poi abuso sfrenato di ciò che di migliore può avere una società civile, la libertà, spinta al limite della licenza morale e del rischio delittuoso; divisioni faziose e irriducibili di strati interi di popolazione, non più animata da comuni sentimenti di amore alla propria storia e alla propria terra; venalità infiltrata un po’ dappertutto; piaghe sociali, come la prostituzione, la droga, la lussuria e il gioco d’azzardo, che sembrano diventare facile e corrotto costume” (questa citazione di papa Montini ed altre simili si trovano nel testo appena uscito di mons. Leonardo Sapienza, La barca di Paolo, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2018)
Da allora tutto è continuato nello stesso senso, aggravandosi ed estendendosi però nelle modalità, grazie anche alla tecnologia, ad internet e al prevalente permissivismo etico.
Il predominio dei diritti (individualisticamente intesi) sui doveri (in ordine alla società e al bene comune) è il fondamento di ogni decadenza storica. Dal crollo dell’Impero romano ad oggi. Ad esso si aggiunge la ricerca del piacere e dell’ebbrezza, valori vani inculcati però dal consumismo ai giovani, sin dalla più tenera età.
Mi domando: ci può essere famiglia stabile, educativa e armoniosa se vige il dogma del ‘godersi la vita’? E come si può apprezzare lo studio, il sapere, la scienza e la saggezza – pilastri di ogni civiltà – se il sacrificio, richiesto senz’altro per conseguirli, è ripudiato come il nemico numero 1 del benessere e della libertà?
Tutto è legato o tout se tient, come dicono a Parigi. Quale giustizia, senso del dovere o educazione civica possiamo inculcare alle nuove generazioni se al contempo sono sovrastanti gli input al godimento facile e immediato? Le forze oscure del progressismo sono un tipico esempio di questo corto circuito logico. Vorrebbero un mondo di pace, ma senza polizia per arrestare i delinquenti, né carceri per contenerli. Da sempre i radicali e la sinistra più estrema predicano contro i militari, le divise, le armi e il carcere. Senza di essi però chi difenderebbe il debole dal forte? Vorrebbero oggi accogliere e albergare il mondo intero, ma certo non a casa loro. E se i veri poveri e i veri marginali delle periferie urbane soffrono e gemono di questa invasione illimitata o creata ad arte, ecco che ciò deriverebbe da egoismo e arretratezza culturale. Si ama il lontano (il migrante), si odia il vicino (il povero che è la vittima sacrificale dell’immigrazione).
Rimuovere l’autocontrollo e le buone maniere, che su di esso erano fondate, è stato uno dei tanti crimini imputabili al ’68. Chi si ostina a non voler dire parolacce e bestemmie e ha persino la pretesa di educare figli e nipoti in tal senso, lo fa proprio perché l’assoluta e sfrenata libertà della lingua, degenera facilmente in tante altre libertà, come quella di mentire, di sparlare, di ingannare il prossimo.
Una volta, alcuni anni fa, lo storico politico di destra Ignazio La Russa disse ad una trasmissione televisiva che la differenza tra destra e sinistra era non politica ma religiosa: la destra secondo lui sarebbe spiritualismo, la sinistra materialismo. Certo, il legame del materialismo storico e dialettico di Karl Marx e Frederich Engels e la sinistra storica appare innegabile, ed un certo anti-materialismo eroico-patriottico ha sempre caratterizzato i movimenti della destra, italiana ed europea.
Ma forse oggi, ben lungi dal richiamare le categorie giacobine di giusti (noi) e ingiusti (il resto del mondo), bisognerebbe trovare nuove categorie extrapolitiche per individuare i veri fronti del contendere. Comunitari o liberal, come propose Alain de Benoist ripreso a suo tempo da Marcello Veneziani? Sempre meglio che gli equivoci moderati e progressisti, anche perché molto agevolmente un tizio può essere un progressista moderato, o un moderato progressista.
Secondo noi, dovrebbe prevalere una suddivisione a partire dalla teoria del piacere. Edonisti e anti-edonisti? Forse suonerebbe moralistico per alcuni. Ma è li che si gioca la partita di fondo. Se Matteo Salvini e Luigi Di Maio, con storie politiche diversissime, sono riusciti a formare un governo di ‘salvezza nazionale’ è certo che in loro l’auspicio per il bene comune dell’Italia ha prevalso sulle logiche di bottega e gli interessi meramente individualisti.
La costruzione di un domani sereno, ordinato, prospero per i nostri figli passa dal rifiuto di quel culto del piacere che il ’68 dalle classi aristocratiche (e decadenti) ha trasferito nel popolo e nel popolino. E’ proprio in nome del buonismo, l’egoismo meno mascherato che ci sia, che la giustizia tende a non punire più, che il concetto di pena evoca spettri del passato e delle dittature, etc.
Ma senza legge, penalità, disciplina (nelle scuole per esempio, ma anche sulla strada o negli sport) la decadenza morale dell’Occidente non potrà che acuirsi. Un tempi i nostri vecchi sapevano contenersi, accettare la realtà e fare di questa accettazione una forza.
Oggi tutti hanno diritti da far prevalere sugli altri, e i doveri (morali, civili, comportamentali) paiono saltati. E appena la difficoltà arriva, una malattia inattesa o il divorzio degli amati genitori, ecco che la soluzione la si trova nella fuga: alcol, droga, sesso (la droga a minor prezzo) e perfino il suicidio, come nulla fosse. Suicidi che secondo le statistiche continuano a crescere, specie nelle nazioni più avanzate, mentalmente aperte e progressiste del Nord…
Invece che insegnare ai giovani l’onore che si ha nel sacrificarsi per lo studio, per il sapere, per l’arte, per una famiglia solida e dei figli educati, già nelle scuole inferiori si insegna agli italiani di domani che godrebbero – non si sa in virtù di quale promessa divina – del “diritto alla felicità”.
Un santo che è morto perché ha deciso liberamente, con un gesto anti-edonistico per eccellenza, di dare la propria vita per salvarla ad uno sconosciuto, padre Massimiliano Kolbe, ripete tante volte nei suoi scritti questa massima attualissima: Conserva l’ordine, e l’ordine ti conserverà.
Ma l’ordine non è possibile senza l’autocontrollo di cui sopra, e sta all’opposto della vita sballata dell’adolescente occidentale, incline a trascinarsi verso l’attesa euforica del week end per far la fiesta fino a mattina, con annessi e connessi discoteche con musiche assordanti, spinelli, pillole della felicità.
Una provocazione. E se il ministro della scuola Marco Bussetti e quello della famiglia Lorenzo Fontana, iniziassero con una serie di circolari a rimettere al centro della formazione culturale le figure degli eroi, gli anti-edonisti per definizione? Coloro che hanno versato il sangue e dato la vita per la patria (i soldati delle due guerre, ma anche le crocerossine e i cappellani), per la religione (i martiri e i santi di cui è colma la storia d’Italia) o anche per la scienza (Leonardo da Vinci, Galileo, Marcello Malpighi, Francesco Maria Grimaldi, Alessandro Volta, Guglielmo Marconi) e il vero progresso dei popoli? Sottolineando che i valori da coltivare richiedono sforzo più che riposo, slancio più che ozio, ideali più che feste e sballi, principi forti e duraturi più che sentimentalismi ebeti.
Fabrizio Cannone