Le parole del Papa durante l’omelia della messa che è stata celebrata a Santa Marta hanno toccato in profondità i nostri cuori, è ci hanno portato ad una profonda riflessione sui nostri atteggiamenti molto spesso critici nei confronti degli altri ma indulgenti nei nostri confronti. Francesco partendo da se stesso fa una profonda analisi del brano del vangelo di oggi , L’evangelista Luca ci mette di fronte ad una realtà che richiede una profonda revisione del nostro modo di agire che stravolge in parte il nostro modo di pensare e di agire.
Bergoglio afferma: chi non impara ad accusare se stesso diventa ipocrita, “dal Papa in giù”
Il Signore ci parla della “ricompensa”: “non giudicate, non sarete giudicati. Non condannate e non sarete condannati”. “Il primo passo è l’accusa di se stessi. Il coraggio di accusare se stessi, prima di accusare gli altri”. “Quando mi viene la voglia di dire agli altri i difetti degli altri, fermarsi. E io?”.
“L’uomo e la donna che non imparano ad accusare se stessi diventano ipocriti. Tutti, eh? Tutti. Incominciando dal Papa in giù”. Imparare a non giudicare gli altri, ma a guardare a noi stessi è stato l’argomento del quale il Papa ha dedicato l’omelia della messa celebrata stamattina a Casa santa Marta, commentando il passo del Vangelo di Luca, dove Gesù chiese “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo?”.
Il santo Padre ha sottolineato che, in questi giorni, la liturgia ci ha fatto riflettere sullo stile cristiano rivestito di sentimenti di tenerezza, bontà, mansuetudine e ci esortava a sopportarci a vicenda. Il Signore, ha proseguito, ci parla della “ricompensa”: “non giudicate, non sarete giudicati. Non condannate e non sarete condannati”. “Ma noi possiamo dire: ‘Ma, questo è bello, eh?’. E ognuno di voi può dire: ‘Ma Padre, è bello, ma come si fa, come si incomincia, questo? E qual è il primo passo per andare su questa strada?’. Il primo passo lo vediamo oggi, sia nella prima Lettura, sia nel Vangelo. Il primo passo è l’accusa di se stessi. Il coraggio di accusare se stessi, prima di accusare gli altri. E Paolo loda il Signore perché lo ha eletto e rende grazie perché ‘mi ha dato fiducia mettendo me al suo servizio, perché io ero’ ‘un bestemmiatore, un persecutore e un violento’. Ma è stata misericordia”.
San Paolo “ci insegna ad accusare noi stessi. E il Signore, con quell’immagine della pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e della trave che è nel tuo, ci insegna lo stesso”. Bisogna prima togliere la trave dal proprio occhio, accusare se stessi. “Primo passo accusa te stesso” e non sentirsi “il giudice per togliere la pagliuzza dagli occhi degli altri”. “E Gesù usa quella parola che soltanto usa con quelli che hanno doppia faccia, doppia anima: ‘Ipocrita!’. Ipocrita. L’uomo e la donna che non imparano ad accusare se stessi diventano ipocriti. Tutti, eh? Tutti. Incominciando dal Papa in giù: tutti. Se uno di noi non ha la capacità di accusare se stesso e poi dire, se è necessario, a chi si devono dire le cose degli altri, non è cristiano, non entra in questa opera tanto bella della riconciliazione, della pacificazione, della tenerezza, della bontà, del perdono, della magnanimità, della misericordia che ci ha portato Gesù Cristo”.
Il primo passo, dunque, è chiedere “la grazia al Signore di una conversione” e “quando mi viene in mente di pensare ai difetti degli altri, fermarsi”. “Quando mi viene la voglia di dire agli altri i difetti degli altri, fermarsi. E io? E avere il coraggio che ha Paolo, qui: ‘Io ero un bestemmiatore, un persecutore, un violento’ … Ma quante cose possiamo dire di noi stessi? Risparmiamo i commenti sugli altri e facciamo commenti su noi stessi. E questo è il primo passo su questa strada della magnanimità. Perché quello che sa guardare soltanto le pagliuzze nell’occhio dell’altro, finisce nella meschinità: un’anima meschina, piena di piccolezze, piena di chiacchiere”.
Chiediamo al Signore la grazia, ha concluso, “di seguire il consiglio di Gesù: essere generosi nel perdono, essere generosi nella misericordia”. Per canonizzare “una persona c’è tutto un processo, c’è bisogno del miracolo, e poi la Chiesa” la proclama santa. “Ma se si trovasse una persona che mai, mai, mai avesse parlato male dell’altro”, la “si potrebbe canonizzare subito”.