All’origine visibile della Chiesa c’è l’azione unita e inseparabile del Figlio e dello Spirito Santo, e la
loro opera congiunta è attiva anche nell’Eucaristia. Ecco quindi che la Chiesa è rinsaldata dal divino
Paraclito attraverso la santificazione eucaristica dei fedeli.
E’ esperienza di tutti gli uomini che stare insieme attorno ad una mensa rinsalda i legami di
reciproca convivenza. Accade con sovrabbondante pienezza anche nel dono di Cristo e del suo
Spirito, che riceviamo nella comunione eucaristica. La comunione al corpo di Cristo annulla i germi
di disgregazione tra gli uomini, che l’esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell’umanità a
causa del peccato, e vi si contrappone la forza generatrice di unità del corpo di Cristo.
L’Eucaristia, costruendo la Chiesa, proprio per questo crea comunità fra gli uomini facendo
raggiungere sempre più profondamente quel suo essere segno e strumento dell’intima unione con
Dio e dell’unità di tutto il genere umano.
L’Eucaristia è quindi un tesoro inestimabile: non solo il celebrarla, ma anche il sostare davanti ad
essa consente di attingere alla sorgente stessa della grazia. Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
affermava che fra tutte le devozioni, questa di adorare Gesù sacramentato è la prima dopo i
sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi.
Una comunità cristiana che voglia essere più capace di contemplare il volto di Cristo deve trovare
un tempo in quel giorno stabilito dal Parroco per l’adorazione ove si prolungano e si moltiplicano i
frutti della comunione al corpo e al sangue del Signore.
Talvolta ci imbattiamo in persone che ci raccontano “Io con Dio ci parlo !”. E’ una frase un poco
ambigua e forse bisogna diffidare di questo sognare ad occhi aperti come nelle favole. Ma la cosa
può avere un tono diverso se ciò accade (o comunque ha un suo spazio ed un suo tempo)
nell’adorazione eucaristica quando ci si trattiene a lungo, in spirituale conversazione, in
adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore.
La reale presenza di Gesù ci può davvero suscitare di parlare con Lui, e a qualche privata profonda
confidenziale domanda, può sorgere in noi perfino una risposta che affiora fuori della nostra leale
cognizione.
La presenza di Gesù tra noi è un segno di salvezza che Dio ci è vicino, ed è un miracolo per tutti
anche se molti non lo ricevono e pochi ne beneficiano, ma ogni miracolo è per tutti come per tutti
è la salvezza e quindi tutti sono invitati ad entrare nella lode a Dio, e lodare Dio non è un fare
festa al più bravo ma lodare Dio è VIVERE.
Chi non ha ragioni di lodare Dio è già mal incamminato con i suoi piedi verso chissà quale
capolinea, come quasi plasticamente ci indica l’episodio dei dieci lebbrosi di cui ben nove se ne
vanno senza una lode e senza un ringraziamento.
“Che cos’è la felicità ?”. Risposta «E’ avere valide ragioni per lodare Dio». E chi è che non è felice ?
Chi non ha queste ragioni, ad esempio perché non conosce Dio, o lo esclude dai doni di cui gode o lo esclude dalle croci che subisce.
Un miracolo è anche un segno della libertà di Dio, il quale è perfino libero dalle leggi (di natura)
che aveva già scritto. E siccome noi pensiamo secondo le dinamiche della scienza, riteniamo,
apparentemente a ragione, che scoperta da noi una legge naturale (scritta da Dio), questa sia fissa
e immutabile, ma non è così.
Per amore (e l’amore supera la scienza) Dio può introdurre una smagliatura imprevista nelle leggi
“codificate” e restaurare un segno o una situazione di sua opportunità.
Nella scienza ciò è incomprensibile, nella fede è possibile e addirittura giusto.
Il miracolo quotidiano del pane che diviene corpo di Cristo è dato per “la salvezza” di tutti, anche
di chi non vi partecipa, ma riceve “la breccia” aperta nel muro della sua esistenza per sbirciare e
vedere un’altra realtà, così come un raggio di luce ci rivela il sole sopra le nuvole nere.
A miracolo avvenuto si ritrovano, ieri come oggi, quelli che non ci credono perché così asseriscono
i loro schemi a prescindere dall’evidenza
Ma la verità è che il miracolo avviene alla luce dello Spirito Santo e chi non ha la fede non lo vedrà
mai. E oggi le cose sono peggiorate. Ieri infatti fu detto a Tommaso da tutti gli Apostoli “Il Signore,
trafitto al costato e con le piaghe dei chiodi, è resuscitato ed ha mangiato qui con noi” e Tommaso
non ci credette.
Cosa ne sarà di noi se anziché una decina di amici, viene qui LA FEDE e ci dice “Il Signore è risorto,
e ogni domenica viene a trovarci nascosto nel pane e nel vino sull’altare”. Eppure noi vediamo solo
pane e vino. Ci crederemo oppure no al più grande e inaudito dei miracoli (confrontabile proprio
con quello della resurrezione al sepolcro) ?? Ebbene, resta pur sempre vera la sua parola detta a
Tommaso stesso “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno”.