Carlo era appassionato di tanti interessi come qualsiasi ragazzo della sua età ma aveva un punto fermo nella sua vita.
È uno dei giovani più amati e pregati di questo nuovo millennio. E sono proprio i ragazzi a rivolgersi a lui e a vederlo come una loro guida, un loro faro, specialmente in questo difficile periodo storico che stiamo vivendo.
Carlo: il giovane che amava Dio
Un ragazzo che aveva solo 15 anni quando la malattia l’ha strappato alla vita terrena. Ma Dio non ha lasciato inascoltate le sue preghiere e, soprattutto quelle che, in tanti, in questi anni hanno innalzato a lui perché le portasse proprio al cospetto dell’Altissimo.
Stiamo parlando del giovane beato Carlo Acutis che ha fatto della preghiera e della santità un modello di vita sin da quando era fanciullo. La sua “autostrada per il cielo” ha cercato di spianarla anche per i tanti che, ancora oggi, continuano a rivolgersi a lui per arrivare in Paradiso.
Carlo aveva, però dei punti fermi nella sua vita. Era un ragazzo come tutti gli altri, amava l’informatica, ma faceva tutto con Gesù. L’Eucarestia e la preghiera del Santo Rosario lo hanno accompagnato ogni giorno della sua vita, anche nei momenti più difficili e nel suo affrontare la malattia.
La Messa, l’Eucarestia e il Rosario: c’erano sempre nella sua giornata
L’Eucarestia era proprio quell’autostrada che dicevamo. Ogni giorno lui andava a Messa, si comunicava e sostava in preghiera davanti al Santissimo. Quel suo sentirsi pienamente con Gesù, lo portava anche a convincere genitori e parenti ad andare con lui a Messa.
Poi c’era il Rosario: la sua devozione a Maria era grande e questa preghiera non mancava mai nelle sue giornate. Era un appuntamento fisso, una preghiera ostante alla Mamma celeste per chiedere la sua protezione e consacrarsi a Lei.
La penitenza per una vita retta da cristiano. Riusciva a privarsi di alcune cose proprio come segno per non togliere tempo a Dio e agli altri. Gli altri, infatti, erano il suo prossimo. A scuola, ad esempio, non esitava a difendere ragazzi che erano vittime di bullismo, ma anche ad essere fonte di consiglio per i suoi amici, che in lui vedevano un ragazzo la cui fede era certa e stabile.
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La sua sofferenza offerta a Dio
“Offro tutte le sofferenze che dovrò soffrire per il Signore, per il Papa e per tutta la Chiesa” – disse quando gli fu diagnosticata la leucemia. Qualcun altro con Dio se la sarebbe presa, avrebbe chiesto “perché proprio a me”.
Ma Carlo non era così: ha offerto la sua sofferenza a Lui: “Ci sono persone che soffrono molto più di me. (…) Sono contento di morire perché ho vissuto la mia vita senza sciupare neanche un minuto di essa in cose che non piacciono a Dio” – disse. A Dio ha sempre voluto donare il meglio di sé, in ogni situazione, anche in quella più difficile.
E proprio, nel donare il meglio di sé, ha usato l’informatica (grande passione della sua vita) per dare gloria a Dio, avvicinando anche i più lontani e con mezzi diversi, alla fede.
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