È difficile fare un bilancio dell’anno che è trascorso, ma al Papa non sfuggono i motivi per cui rendere grazie al Signore, e lo fa al “Te deum “di fine anno.
Le ombre dell’anno che si chiude non spengono la luce della fede nel Signore che provvede sempre agli uomini, della speranza che tutto concorre al bene di chi ama Dio, della carità che fa nuove tutte le cose.
Al Te Deum che chiude il 2023, Papa Francesco ringrazia per le gioie di quest’anno e prega intensamente per i dolori.
In cammino verso il Giubileo
Il Papa ci fa riflettere sul senso della fede cristiana. La fede nel Signore dona un modo nuovo di sentire il tempo e la vita, cioè con gratitudine e speranza. Non è la stessa cosa la prospettiva del mondo e quella cristiana. La gratitudine e la speranza mondani mancano della dimensione essenziale che è la relazione con l’Altro e gli altri, con Dio e i fratelli; sono concentrate sull’ io e sugli interessi. Nella liturgia si celebra la lode, lo stupore del Mistero. Quello stupore che avrà provato Maria. Come sarà stata grata quando ha guardato Gesù appena nato! Maria e Giuseppe sono i soli a sapere da dove viene Gesù. Sanno che è Dio; eppure, ha bisogno di essere accudito. La Chiesa può e deve imparare dalla Vergine madre la gratitudine e la speranza. Maria è da sempre colmata di amore, grazie, fiducia e speranza. Questo non è ottimismo, è fede in Dio che è fedele alle sue promesse e questa fede vissuta nel tempo diventa speranza. Proprio questa virtù sarà il tema del prossimo Giubileo “pellegrini di speranza”. Roma in particolare si prepara a diventare città di speranza, il che significa che la comunità ecclesiale e civile sono chiamate rendere testimonianza nello stile di vita e della convivenza.
Il cammino verso il Giubileo come ogni pellegrinaggio richiede una buona preparazione, ecco perché il prossimo anno sarà dedicato alla preghiera e quale maestra migliore di Maria. Impariamo da lei a vivere ogni giorno ogni occupazione con lo sguardo rivolto a Gesù il Signore, con gratitudine e speranza.
La “Virgo lactans” dell’Abazia di Montevergine in Vaticano
Nella Basilica di San Pietro sarà esposta, oggi 31 dicembre e domani 1° gennaio, l’icona della “Madonna lactans” di Montevergine. Una madre che allatta un bambino suscita tenerezza, ma questa madre è particolare, allatta il figlio di Dio, suscita tenerezza sì ma mista a stupore. Il Dio del creato che ha bisogno della creatura per cibarsi è il suggestivo paradosso che celebra questa icona venerata dal fondatore dell’Abazia san Guglielmo da Vercelli. La Madonna è raffigurata con regale eleganza e il bambino nell’atto di succhiare il latte al seno materno aggrappato al ventre di lei. Nella sua semplicità l’icona trasmette l’umiltà della donna scelta per essere madre di Dio, quell’umiltà che le ha fatto accettare la propria vocazione e che per il suo “Si” è diventata modello di speranza per tutti noi.
Il Re dei re, il Signore dei signori è venuto sulla terra per essere amato non per essere temuto. Infatti non è venuto come un nobile guerriero ma come un bambino e tra i bambini il più povero e umile, nato in una fredda grotta, in mezzo a due animali, avendo per etto una mangiatoia e della paglia. Nell’adempiere la sua missione il Figlio di Dio non ha voluto essere solo, ha coinvolto Maria. Ella è la madre più fortunata, perché madre di un Dio, ma nello stesso tempo la madre più degna di compassione, perché più addolorata, essendo madre di un Figlio, vedeva destinato al patibolo fin dal giorno in cui le fu dato per Figlio. Ella insegni a tutti noi a saper accogliere con responsabilità la missione che Dio ci affida.