Le dichiarazioni e le azioni in difesa del popolo di monsignor Agelelli attirarono immediatamente le attenzioni di una delle più feroci dittature che il Sud America abbia visto nel corso dello scorso secolo. Inizialmente i governanti cercarono di screditarlo per mezzo stampa facendo diffondere falsità sul suo conto (veniva fatto passare come comunista e terrorista), quindi cominciarono le affissioni di manifesti, le aggressioni fisiche e le manifestazioni in piazza orchestrate dal regime. Nel 1973, in una Anillaco gremita, la folla gli urlava contro “Terrorista” e molti gli lanciavano persino pietre adosso. In quella occasione il vescovo fece la conoscenza di un giovane gesuita tale Jorge Bergoglio, con il quale nacque un piacevole sodalizio. Al futuro papa monsignor Angelelli affidò la protezione dalla persecuzione di alcuni sacerdoti.
Visto che la campagna diffamatoria non aveva funzionato nel 1976 il governo passò direttamente alle minacce di morte, all’uccisione di alcuni collaboratori nel giorno del suo compleanno ed infine all’assassino. Il 4 agosto di quell’anno il vescovo era andato a testimoniare per l’omicidio dei suoi collaboratori, sulla strada del ritorno venne spinto fuori strada e morì in seguito al violento urto. I generali saliti al potere dopo il Golpe continuarono la campagna diffamatoria anche dopo la sua morte e prima che la verità su quanto successo venisse a galla sono passati 38 anni: il 4 luglio del 2014 il generale Luciano Benjamín Menéndez e l’ex commodoro Luis Fernando Estrella sono stati condannati rispettivamente come mandante ed esecutore dell’assassinio. Nel dicembre dello stesso anno papa Francesco ha dichiarato martire monsignor Angelelli ed oggi si è arrivati ad un passo dalla sua beatificazione.
Luca Scapatello
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