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Il virus mortale della Psicanalisi

Psicanalisi

La psicanalisi è un virus mortale. Il mondo contemporaneo è stracolmo di malattie, pregiudizi, false ideologie, patologie endemiche e tumori (spirituali…) in metastasi piuttosto avanzate.

Il male peggiore è proprio quello meglio nascosto, anzi quello che non viene neppure percepito come male, ma al contrario da molti è assimilato ad un bene. Il peggior veleno in effetti è quello che si trova nella boccetta del farmaco: salvarsi in quel caso attiene più al miracolo che all’intelligenza o al caso!

Secondo un numero cospicuo e crescente di autori la psicanalisi, partorita dalle astruse elucubrazioni di Sigmund Freud (1856-1939), è tutto fuorché scienza, terapia e medicina. Molti di questi autori sono conosciuti più per i meriti raggiunti nelle loro specializzazioni che per la critica che hanno fatto alla novella scienza di Freud, ma il loro giudizio resta significativo e di valore. E secondo costoro, da Popper a Derrida, da Onfray a padre Gemelli, da Gentile a Croce, da Paul Ricoeur a Ludwig Wittgenstein, la psicanalisi è almeno in un certo senso, aria fritta fatta passare per trovata geniale, se non addirittura per epocale svolta verso la soluzione di problemi che da sempre affliggevano l’inconsapevole umanità.

In effetti il cuore della psicanalisi non ammette vie di mezzo: o essa è LA scienza della psiche per eccellenza o è l’anti-scienza per antonomasia. O è tutto o è nulla. Ma tutto non può essere, come attestano in gran numero gli stessi pazienti che invano si sono stesi per decenni sui costosi lettini dei dottori-stregoni nel mondo intero…

Oggi possediamo un nuovo utilissimo strumento culturale per liberarci dalla falsa scienza psicanalitica, e parallelamente denunciarne tutte le visibili illazioni (cf. Ennio Innocenti, La psicanalisi di Freud e di Jung. Una critica epistemologica, Casa editrice Leonardo da Vinci, Roma, 2018, pp. 276, euro 20).

L’Autore è un notissimo sacerdote della Diocesi di Roma, studioso di alto profilo umanistico e teoretico, che da oltre mezzo secolo pubblica libri, saggi e articoli per promuovere la vera fede (non adulterata dai tempi), l’autentica storia (non scritta ad usum delphini) e la migliore scienza (non succube delle mode sia razionaliste che fideiste).

In questo nobile slancio verso la verità in tutte le sue forme e in tutti i suoi aspetti, don Innocenti già nei bui anni ’70 del secolo scorso aveva dato alle stampe due opere di coraggiosa denuncia dei presupposti della nuova scienza. Uscirono infatti, Fragilità di Freud, nel 1975 e Che cos’è la psiche, nel 1978. Questi saggi non furono di facile diffusione viste le mode totalizzanti se non totalitarie di quei lustri in favore della psicanalisi, almeno nella sua versione più aperta al marxismo (Fromm), del materialismo scientifico più crasso e della subalternità quasi totale al pensiero unico libertario e anti-repressivo.

L’epistemologo cattolico Antonio Livi, nella premessa al libro, nota che don “Innocenti è stato in grado di discutere lucidamente la pretesa che caratterizza i fondatori della psicoanalisi, quella di aver non solo contribuito al progresso scientifico, ma addirittura di aver fondato una nuova scienza” (p. 9). E la nuova scienza sarebbe nuova perché si fonderebbe su un oggetto e un ambito di studi del tutto ignorato per secoli e secoli dai filosofi, dai teologi e dai medici: l’inconscio!

Il problema di fondo è che quasi nessuno sa di avere un inconscio, almeno nel senso inteso da Freud (con l’assurdo impasto di Es, Io, Super-Io, libido infantile, ruolo esistenziale e insopprimibile dei sogni, etc.). Ma se uno si azzarda a negarlo, ecco che per il mago viennese e i suoi accoliti si ha la prova provata che ci si trova in uno stato di nevrosi e di fobia da cui uno deve imperativamente essere salvato!

Come scrive un ispirato Piergiorgio Odifreddi, “In realtà la psicanalisi è solo una scienziaggine che, come ha notato Rudolf Carnap, ha il comodo vantaggio di non poter essere falsificabile da nessuno. E che, come ha decretato Jacques Lacan, ha l’altrettanto comodo vantaggio di poter essere praticata da chiunque” (Cf. Dizionario della stupidità, 2016, p. 240). Ma una scienza praticata da chiunque non è una scienza, semmai è uno sport e se i risultati non sono assicurati, e non possono esserlo neppure secondo il Fondatore, ci troviamo davanti a pratiche come il training autogeno o lo yoga, e in nessun modo nella psichiatria clinica. Le scienziaggini infatti, secondo il matematico che ha coniato la parola, deriverebbero dalla fusione di scienza e stupidaggini, e i loro autori avrebbero delle caratteristiche comuni come queste: educazione autodidatta e antiaccademica, fissazione su problemi dimostrabilmente insolubili, linguaggi e tecniche autoreferenziali, etc.

Il libro di don Innocenti a suo modo è una piccola summa sulle criticità della psicanalisi e sui limiti di Freud, Jung e compagnia. Basta provare interesse per la materia per essere persuasi della ragionevolezza delle critiche esposte. Dal punto di vista scientifico le 4 critiche di fondo sono queste: la scarsa disponibilità alla discussione scientifica. Ed è dire poco. Freud scomunicò dopo averli incoraggiati tutti coloro che osarono fare delle critiche, a volte fondatissime, ai suoi metodi di lavoro. Arrivò a contrastare ferocemente gli stessi ex adepti Jung, Adler e molti altri. Si comportò mille volte come un guru, credendosi il nuovo Einstein della medicina. Le altre tare sono l’imprecisa quantificazione dei fenomeni, la sua trascuratezza nella verifica delle ipotesi scientifiche e infine la sua proverbiale inclinazione all’unilateralità (cf. p. 36).

Interessante tra le altre cose il rapporto mai ben chiarito tra Freud e la religione, anzitutto il cristianesimo europeo che lo attorniava, pur se egli era di origine ebraica. Freud, “applicando al campo dello psichismo la sua mentalità positivistica, evoluzionistica e materialistica, non ebbe alcun riguardo per la trascendenza della persona. Il suo grossolano psicologismo, tutto rivolto alla regressione psichica, non sfiorò neppure il regno spirituale dell’uomo” (p 70). Nel 1929, asseriva che “la vita non ha nessun significato” e scrisse, al limite della blasfemia: “Non posso sopportare la menzogna della Redenzione degli uomini” (p. 106).

Il suo pamphlet Totem e Tabù, chiaramente ateo e anticristiano, si apre con il ribaltamento del giovanneo In principio era il Verbo (Gv 1), con un “In principio era l’azione”, di sapore gnostico, se non cabalistico.

La sintesi più radicale del suo pensiero su tutto ciò che non capiva – come le scienze umane in genere – in quanto non misurabile clinicamente sta in certe affermazioni come questa: “I primordi della religione, della morale, della vita sociale e dell’arte convergono nel complesso di Edipo” (p. 107).

Riconobbe Freud, mentre abbatteva dei fondativi tabù come il pudore, l’autocontrollo e l’eterosessualità, che “Di tutta la mia dottrina la teoria sessuale è la più importante” (cf. p. 45).

Oggi il libertarismo morale ha trionfato nel mondo intero e i danni che ne sono seguiti sono incalcolabili. Processare Freud, come ci invita a fare il manuale di don Ennio, appare quindi un’urgenza assolutamente improcrastinabile.

Fabrizio Cannone

 

 

 

 

 

Armando

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