Imparare a portare la croce? Ecco ciò che insegna Gesù e come possiamo applicarlo

Imparare a portare la croce? Ecco ciò che insegna Gesù e come possiamo applicarlo

Celebre è la frase che Gesù rivolge ai propri discepoli mentre si dirige alla volta di Gerusalemme: “Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”. Con quelle parole Gesù cercava di educare i discepoli alla sofferenza, di fargli capire che nessun intoppo, dolore o inconveniente è insormontabile e che con la fede (fiducia in se stessi se volete) tutto può uniformarsi in un cammino con uno sbocco ben preciso. Sebbene tutti i fedeli siano a conoscenza di questo insegnamento e ne abbiano compreso il significato, non tutti sono in grado di tenergli fede dinnanzi alle difficoltà della vita.

Gli errori che commettiamo e che rendono più pesante la croce

Il primo errore che commettiamo generalmente è quello di sviluppare rabbia per un’inconveniente (es. un incidente con l’auto), questo acuisce lo stress legato all’evento e ingigantisce l’accaduto. Alla rabbia succedono di solito il pentimento legato ad una reazione impulsiva ed esagerata (come aver urlato contro alla vostra ragazza, moglie, sorella) che comporta una fase depressiva che solitamente arreca ulteriore stress. Infine c’è la vergogna, per il restante tempo ci porteremo questo senso di vergogna legato al nostro comportamento. Ecco che un singolo incidente (croce) diviene un triplice fardello da portare nel nostro bagaglio quotidiano, moltiplicate adesso questo fardello per ogni inconveniente e vi renderete conto che la croce è divenuto una catena montuosa insormontabile.

Per evitare di commettere questo errore, Dio ci ha educato alla responsabilità. Ad esempio San Giovanni Bosco amava ripetere: “Prega Dio come se tutto dipendesse da Lui e agisci come se tutto dipendesse da te” che poi è una frase che corrisponde al detto “Aiutati che Dio ti aiuta”. Un cristiano che ha ricevuto una formazione rigorosa, sa perfettamente che l’aiuto divino non piove dal cielo, ma giunge soltanto quando abbiamo messo la nostra volontà e la nostra forza a servizio di un progetto. Alcuni, però, ritengono che l’aiuto debba arrivare a prescindere, solo per il fatto di aver seguito i dettami della Bibbia e questo è il secondo errore che possiamo commettere.

Un discorso diverso merita la croce della malattia. In questi casi è più difficile scindere i sentimenti da ciò che accade e spesso, soprattutto quando la malattia colpisce un bambino, si tende a pensare che il disegno divino non sia poi così equo. Questo scuote le fondamenta della fede e conduce ad un ripudio di tutto ciò che essa rappresenta. In questi casi ci sono cristiani che reagiscono con serenità alla malattia e alla prospettiva della morte, questo perché sanno che la morte non è la fine del tutto, ma il punto di inizio di una vita diversa e più felice.

Luca Scapatello

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