L’incredibile opera “biblica” di un anziano signore piacentino lo ha portato ad essere citato e persino accolto da Papa Francesco.
Per risalire alle origini di questa speciale impresa bisogna però andare fino alla gioventù di Luigi Zuccheri, quando la maestra Anna Rubini teneva un corso serale a Chiaravalle della Colomba e lo ha invitato a iniziare a leggere la Bibbia. Allora era giovane e la sete di sapere era molta, ma i mezzi al contrario erano pochi. “Avevo sete di sapere, ma la mia famiglia non poteva permettersi di farmi studiare. Siccome spesso facevo domande di religione, l’insegnante mi disse che era uscita da poco la Bibbia Popolare voluta da Giovanni XXIII. Costava mille lire. Le chiesi se poteva procurarmene una. Mi si è aperto un mondo”.
Quel testo divenne un vero e proprio strumento di liberazione, così caro da non poterlo scambiare con nient’altro, e da portarlo intatto fino ad oggi. Ha infatti passato lunghi anni, dagli anni Sessanta fino ad ora. Oggi Luigi è un pensionato di Alseno, in provincia di Piacenza, ma di recente la sua esistenza è stata segnata da un momento del tutto incredibile, che terrà nel suo cuore a lungo insieme a tutta la sua famiglia.
Di recente, infatti, Luigi è stato citato da papa Francesco per la sua “Bibbia in piasintein”. Le parole del Pontefice sono arrivate il 30 maggio, durante il consueto Angelus in piazza San Pietro, e hanno assunto la forma di un vero e proprio raggio di sole su di un’intera esistenza e su di una fede speciale, scandita dalla perseveranza della realizzazione della sua opera davvero memorabile.
“Ho ricevuto un piccolo gruppo di fedeli che mi ha portato la traduzione della Bibbia tutta intera nel loro dialetto“, ha detto il Papa, che non ha nascosto il suo stupore e la sua gioiosa meraviglia. “L’ha fatto un uomo: otto anni di lavoro! E lui mi diceva che leggeva, pregava e traduceva. Lo vorrei ringraziare per questo gesto e dirvi di leggere la Bibbia, per trovare lì la forza della nostra vita”.
Luigi infatti, nel momento in cui è andato in pensione al termine di 38 onorati anni di servizio al Comune di Alseno, dovuta a un ritiro anticipato per problemi di salute, ha avuto una splendida idea e non ha esitato a lavorarci sopra. Ha cominciato cioè a cimentarsi con un’opera speciale, la traduzione delle Scritture in piacentino. Ma non un piacentino qualunque, ha spiegato Luigi. Quello “nella versione che parliamo qui, in Val d’Arda, la mia lingua degli affetti”.
Luigi la sua opera l’ha scritta tutta a mano, e per di più usando solamente dei fogli di recupero presi qua e là. Lettere, referti, cartacce varie utilizzate in comune, o durante gli anni. Insomma, il risultato è un vero e proprio segno di abnegazione e dedizione, con risultati degli esami clinici da un lato e versetti biblici in dialetto locale dall’altro. “A ogni frase mi soffermavo, per tradurla al meglio: ero costretto a farla mia, ci pensavo su anche diversi giorni. Quei momenti di scrittura, senza darmi un calendario o scadenze, erano fonte di serenità”, ha spiegato Luigi.
Uno dei salmi, il 150, che in italiano è “Lode al Signore”, in originale reciterebbe così: “Alleluia. Lodate il Signore nel suo santuario, lodatelo nel firmamento della sua potenza. Lodatelo per i suoi prodigi, lodatelo per la sua immensa grandezza. Lodatelo con squilli di tromba, lodatelo con arpa e cetra; lodatelo con timpani e danze, lodatelo sulle corde e sui flauti. Lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti; ogni vivente dia lode al Signore”.
Mentre invece in “piasentin”, nella traduzione del signor Luigi, è “Ludé al Signur”, e recita così: “Alleluia. Ludé al Signur in dal so santüari, Ludel in dal firmament ad la sa putensa, Ludel pri so prudigi, Ludel par la so immensa grandösa. Ludel cun di squii ad tromba, Ludel cun l’arpa e la cetra, Ludel cui timpani e dal dansi, Ludel in sal cordi e in di flauti. Ludel cui cembali sunor, Ludel cui cembali squilant, Ogni vivent cal daga lod al Signur”.
La sua testimonianza è perciò qualcosa di davvero commovente, toccante, che mostra quella fede che incarna nella vita del popolo, dei semplici, delle persone miti, e di cui Papa Francesco parla spesso, al punto da farne una categoria “teologica”, insomma fondamentale per la vita della Chiesa e per il suo insegnamento. La fede che si incarna nella vita dei semplici e prende forme inaspettate, sorprendenti e soprattutto commoventi.
In tutto ciò, l’ultima idea che Luigi aveva in testa era quella di finire per pubblicare la sua Bibbia in dialetto piacentino. Sarà un’incontro a rendere possibile questa eventualità, di fronte alla chiesa del suo paese, con l’imprenditore Gianfranco Curti, che possiede un’azienda a poche centinaia di metri dalla casa di Zuccheri. La sua domanda fu quella più semplice, “come va?”. Fu la risposta ad essere sorprendente.
“Mi chiese come passavo il tempo da pensionato. “Scribacchio”, ho risposto. Quando gli ho spiegato che stavo traducendo la Bibbia in dialetto è rimasto così entusiasta che mi ha proposto di far esaminare il lavoro da un editore e ne ha promosso la stampa”. Ne è nata una pubblicazione di dieci volumi in trenta esemplari, elegantemente rilegati, che conservano la scrittura a mano dell’originale.
Poi, da lì, lo spazio è stato invaso dalla meraviglia che improvvisamente travolge la vita e non ti lascia più andare. Da lì, per Luigi il prossimo passaggio è stato l’arrivo a Roma, per il quale ha deciso di “prendere l’aereo per la prima volta”. Persino davanti al Papa non ci si è risparmiati nell’ironia. Francesco infatti, quando lo ha incontrato, lo ha invitato a togliersi la mascherina, altrimenti sembrava un brigante. Lui ha risposto che “un po’ brigante lo sono lo stesso”.
Luigi compie 78 anni in questi giorni, ed è nato a San Rocco di Busseto. Il primo di tre figli, è cresciuto a Chiaravalle della Colomba, dove la vicina abbazia cistercense diventa una seconda casa. La sua vita nella Chiesa è cominciata fin fa ragazzo, quando “la domenica proiettavo le pellicole cinematografiche per i bambini in una sala del convento”. Poi, “quando ho preso la patente, facevo da autista al priore”, ha continuato a raccontare. “Grazie ai monaci ho conosciuto i monasteri cistercensi di tutta Italia”.
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Nel 1977 il matrimonio con Pasqualina e trasloco ad Alseno, che non gli ha però impedito di rimanere molto legato alla comunità, al punto che ha portato un liquore, che i monaci realizzano secondo un’antica ricetta, direttamente a Papa Francesco. Che in cambio gli ha regalato un rosario, che ogni mattina usa per pregare. Ora gli amici che lo incrociano, scherzando gli chiedono se devono chiamarlo “siùr Lüig”. Lui, “modesto scrivano”, ride. Tuttavia, ora, ad essere sorridenti sono anche i cuori delle tante persone che sono venute a conoscenza della sua splendida opera.
Giovanni Bernardi
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