Era il 31 luglio di questo 2018, un martedì, quando Blake Ward (16 anni) veniva trascinato a largo dalle correnti del mare a largo del Galles. Il ragazzo si trovava insieme ad un altro giovane di 15 anni e ad una ragazzina di appena 13 i ragazzi erano in acqua per fare una nuotata che permettesse loro di trovare refrigerio in una giornata di forte caldo, ma quel desiderio li ha messi in pericolo di vita.
Quando i parenti si sono resi conto che Blake non riusciva a tornare a riva hanno immediatamente chiamato i soccorsi. Per cercare i 3 ragazzi sono stati impiegati due elicotteri, tra scialuppe di salvataggio e due equipaggi della Guardia Costiera. Dopo ore di angoscia i soccorritori sono stati in gradi di trovare i giovani e trarli in salvo. Blake, però, non respirava e dopo un primo soccorso è stato trasportato d’urgenza all’ Alder Hey Hospital di Liverpool, struttura specializzata per casi di terapia intensiva tristemente nota per la vicenda di Alfie Evans.
Le condizioni di Blake sono gravi, il ragazzo non riesce a respirare se non attraverso le macchine e si trova in uno stato di coma che pare permanente. Nei giorni successivi le analisi confermano che l’incidente in mare ha causato danni permanenti al cervello ed i medici dell’ospedale consigliano ai familiari di sospendere le cure e staccare i macchinari. Una decisione difficile che i coniugi Ward prendono dopo appena 5 giorni dal ricovero.
Il 16enne muore alle 7 del mattino di sabato 4 agosto stretto nel caldo abbraccio della fidanzatina Stephanie, che dopo quella giornata affida a Facebook il suo dolore: “Oggi è stato il giorno più difficile della mia vita e non credo sarò mai in grado di dimenticarlo. Come alcuni di voi sapranno Blake è stato vittima di un terribile incidente martedì, io non l’ho mai lasciato sono rimasta al suo fianco, come sapete Blake era un ragazzo adorabile una persona amorevole”. Nel prosieguo del post la ragazza spiega perché la famiglia ha deciso di staccare i macchinari: “Ieri ci è stato detto che Blake non si sarebbe mai ripreso, che il suo danno cerebrale era troppo grave, quindi abbiamo preso la difficile decisione di spegnere le macchine e lasciarlo andare”.
In una situazione simile viene da chiedersi se 5 giorni non siano troppo pochi per decidere di “Lasciare andare” una persona. Probabilmente il quadro clinico del ragazzo era davvero terribile, ma la storia medica è piena di riprese incredibili e qualche giorno, settimana, mese in più avrebbero potuto permettere un recupero inatteso. Lungi dal criticare la scelta presa dai genitori, una scelta sicuramente sofferta, ci chiediamo se tale decisione non sia lo specchio di una società che non trova più spazio per la fede e la speranza e che mette davanti a tutto la semplice razionalità.
Luca Scapatello
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