Ci sono degli olocausti di cui si parla poco o quasi mai, eppure la storia potrebbe presentarcene la testimonianza, ad una lettura un po’ più approfondita.
Pensate, ad esempio, agli avvenimenti che seguirono la scoperta delle Americhe, ossia allo sterminio graduale, crudele e giustificato dalle autorità dell’epoca, di tutte le etnie di indiani, i reali e originari nativi americani.
Fummo proprio noi occidentali a ritenerli inadeguati ad una vita civile e a schiavizzarli; a relegarli in squallide riserve dove le loro donne venivano sterilizzate, per impedirne la maternità; fummo noi occidentali ad invadere le terre in cui la loro cultura, le loro abitudini ed usanze, abitavano da secoli e secoli; fummo noi a trucidarli.
Accadde in 500 anni di guerriglie, un lunghissimo periodo in cui ogni territorio, dall’Alaska fino alla Terra del fuoco, 100 milioni di persone e più perirono.
Anche il nostro connazionale Cristoforo Colombo si macchiò di quei crimini; si suppone, infatti, che fu responsabile di mezzo milione di uccisioni.
In 500 anni, si perpetuarono, da quel lontano 1492, eccidi di intere comunità/tribù, i villaggi degli indiani vennero rasi al suolo e bruciati, senza risparmiare nessuno. Tutto era congeniato e organizzato da eserciti regolari, dai governi ufficiali.
La colpa imputata agli indiani era l’“insensato tradizionalismo”, cioè l’ostinazione a non volersi sottomettere ai costumi degli invasori!
I sopravvissuti di quelle epoche storiche, sono, oggi, circa 50mila e vivono ancora nelle riserve, tutt’ora considerati di razza inferiore, ai margini di una società di stampo occidentale.
Si pensa che “L’ideazione dei campi di concentramento, così come le pratiche di genocidi, devono molto agli studi di storia inglese e americana da parte di Hitler. Egli ammirava i campi per i prigionieri boeri in Sudafrica e quelli degli indiani nel selvaggio West; spesso elogiava l’efficienza dello sterminio degli Stati Uniti –per fame e combattimenti irregolari– dei selvaggi rossi, che non potevano essere conquistati con la prigionia”, si legge in un libro sulla vita del tiranno tedesco. Antonella Sanicanti