Il Papa ha stabilito i vari modi in cui si potrà ricevere l’Indulgenza plenaria, “in questo momento di grave necessità” e di “emergenza per l’umanità”.
Ad esempio, a tutti coloro che il prossimo venerdì 27 marzo alle ore 18.00 si uniranno in preghiera con lui. Lo ha affermato il Papa al termine dell’Angelus, ricordato quanto stabilito nei giorni scorsi dal decreto della Penitenzieria Apostolica”. La preghiera potrà essere seguita in streaming, e terminerà con la Benedizione eucaristica che sarà impartita “Urbi et orbi”.
Nei giorni scorsi, Francesco ha stabilito che sarà concessa “l’indulgenza plenaria ai malati di coronavirus, a chi li assiste e a tutti i fedeli del mondo che pregano per loro”. Con un Decreto della Penitenzieria, ha ricordato anche la possibilità della assoluzione collettiva.
Il decreto è stato pubblicato venerdì 20, e porta la firma dal cardinale penitenziere maggiore Mauro Piacenza e del reggente monsignor Krzysztof Nykiel. Per ottenere l’Indulgenza plenaria, il documento spiega che basterà semplicemente recitare il Credo, il Padre nostro e una preghiera a Maria. Lo potranno fare i malati di coronavirus, chi sta vivendo un regime di quarantena e infine anche gli operatori sanitari o i familiari che assistono i malati.
Chi non rientra in queste categorie, invece, potrà scegliere tra le seguenti opzioni: una visita al Santissimo Sacramento, una adorazione eucaristica, la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, la recita del Rosario, la Via Crucis, o infine la recita della Coroncina della Divina Misericordia. Tutte modalità valide, che si potranno mettere in pratica per ottenere l’assoluzione, in questo tempo segnato da una condizione del tutto straordinaria.
Alla fine dell’azione compiuta, si dovrà chiedere a Dio la cessazione dell’epidemia, il sollievo per i malati e la salvezza eterna delle persone defunte in questo periodo. Infine, anche il fedele “che in punto di morte si trovasse nell’impossibilità di ricevere il sacramento dell’Unzione degli infermi e del Viatico”, potrà ottenere l’Indulgenza plenaria. In quest’ultimo drammatico caso, è raccomandato dal decreto vaticano “l’uso del crocifisso o della croce”.
La Penitenzieria spiega nel testo che l’assoluzione collettiva andrà compiuta dal sacerdote previa avvertimento del Vescovo diocesano. A quest’ultimo spetta “determinare, nel territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave necessità nei quali sia lecito impartire l’assoluzione collettiva”.
Ad esempio, il contesto dei reparti ospedalieri in cui sono ricoverati i fedeli in pericolo di morte. Il sacerdote potrà recarsi all’ingresso del reparto, “adoperando nei limiti del possibile e con le opportune precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché l’assoluzione sia udita”.
Un’ulteriore possibilità è quella di costituire negli ospedali gruppi di “cappellani ospedalieri straordinari“. Possibili anche su base volontaria e soprattutto in accordo delle autorità sanitarie. Nel rispetto cioè anche delle regole per evitare il contagio e tutelare pazienti, ospedale sanitario e gli stessi sacerdoti.
In un ulteriore punto, indicato nel decreto, si entra anche nel merito di quanti si trovino nell’impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale. Si ricorda, infatti, che “la contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono e accompagnata dal votum confessionis, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali”.
Per votum confessionis si intende la chiara volontà di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale. Questo passaggio in realtà, si specifica, è già indicato nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1452).
Nel decreto si prende atto della dura situazione che si sta vivendo, con parole fortemente addolorato. “Il momento presente in cui versa l’intera umanità, minacciata da un morbo invisibile e insidioso, che ormai da tempo è entrato prepotentemente a far parte della vita di tutti è scandito giorno dopo giorno da angosciose paure, nuove incertezze e soprattutto diffusa sofferenza fisica e morale”.
Tuttavia, vi è una nota finale di forte speranza che accompagna la vita del popolo cristiano, e di cui il decreto prende atto. “Mai come in questo tempo la Chiesa sperimenta la forza della comunione dei santi, innalza al suo Signore Crocifisso e Risorto voti e preghiere, in particolare il Sacrificio della Santa Messa, quotidianamente celebrato, anche senza popolo, dai sacerdoti”, si legge.
Perciò, è la conclusione, come “buona madre, la Chiesa implora il Signore perché l’umanità sia liberata da un tale flagello, invocando l’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre di Misericordia e Salute degli infermi, e del suo Sposo San Giuseppe, sotto il cui patrocinio la Chiesa da sempre cammina nel mondo”.
Giovanni Bernardi
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