Papa Francesco, poco prima di essere ordinato sacerdote, scrisse questa bellissima orazione, col pensiero rivolto a tutti coloro che, come lui, il Signore chiama a questa importante scelta di vita.
Il dono della vocazione è da preservare perché, come Gesù ci ha detto: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi”.
La vocazione: quella voce che non tutti riescono a sentire nel proprio cuore. Ma è Gesù che chiama. Ognuno di noi è chiamato al dono di sé. Chi nella vita matrimoniale, chi nella vita religiosa, chi nella vita laica. Dio chiama tutti: sta poi a noi scegliere di ascoltare o meno la sua voce.
Non è sempre facile, anzi. Molto spesso quella voce la si sente in età adulta e si pensa di non essere più adatti a “questo tipo di vita”. Ma la scelta di diventare suora, frate o sacerdote non ha età: si può essere giovani o meno giovani, a Gesù non interessa. Lui ci chiama sempre!
Più volte, anche il Santo Padre ha esortato ognuno di noi ad ascoltare la voce della vocazione che è dentro di noi, a riscoprirla al di là di tutto, portando anche la sua di esperienza.
Parlando della vocazione, in particolare quella alla vita sacerdotale, Papa Francesco, poco prima di essere ordinato sacerdote, quando era un giovane gesuita, compose una preghiera che è, sì, per se stesso, ma se portata ai giorni nostri, dà quel senso di umanità e quella voglia di un giovane di dire il suo SI a Dio, nonostante comprenda i suoi limiti e le sue fragilità.
Sono le parole di un giovane che si affida completamente a Dio, chiede aiuto a Maria, ma c’è in lui quella voglia di continuare a conoscere e ad amare. Una vera e propria sorta di “nuova preghiera del Credo”, che lo accompagna all’ordinazione sacerdotale.
“Voglio credere in Dio Padre, che mi ama come un figlio, e in Gesù, il Signore, che ha infuso il suo Spinto nella mia vita per farmi sorridere e portarmi così nel regno della vita eterna.
Credo nella mia storia, permeata dallo sguardo benevolo di Dio, che nel primo giorno di primavera, il 21 settembre, mi è venuto incontro e mi ha invitato a seguirlo.
Credo nel mio dolore, infecondo per colpa dell’egoismo, in cui mi rifugio.
Credo nella meschinità della mia anima, che vuole prendere senza mai dare… senza mai dare.
Credo che gli altri sono buoni, e che devo amarli senza timore, e senza mai tradirli per cercare una sicurezza per me.
Credo nella vita religiosa.
Credo che voglio amare molto.
Credo nella morte quotidiana, ardente, alla quale sfuggo ma che mi sorride invitandomi ad accettarla.
Credo nella pazienza di Dio, accogliente, dolce come una notte estiva.
Credo che papà sia in cielo accanto al Signore.
Credo che anche padre Duarte, mio confessore, sia in cielo, a intercedere per il mio sacerdozio.
Credo in Maria, mia madre, che mi ama e non mi lascerà mai solo.
E attendo la sorpresa di ogni giorno in cui si manifesterà l’amore, la forza, il tradimento e il peccato, che mi accompagneranno fino all’incontro definitivo con quel viso, meraviglioso che non so come sia, che sfuggo in continuazione, ma che voglio conoscere e amare. Amen”.
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