Un infermiera professionista, con oltre 15 anni di esperienza, è stata licenziata per un motivo assurdo. Sembra che la donna, impiegata alla reception in un ospedale NHS, aggiungesse una domanda fuori schema al questionario tipo che i pazienti devono compilare prima di essere visitati: di che religione siete?
In seguito alla risposta la donna cominciava a parlare della sua fede, di come pregare l’avesse aiutata a superare dei momenti di difficoltà nella vita e, se loro erano d’accordo, chiedeva ai pazienti di pregare insieme. Sebbene l’atteggiamento della donna fosse rispettoso di ogni opinione e mai aggressivo, il fatto stesso di concedersi una simile libertà ha fatto infuriare il direttore dell’ospedale che, senza sentire ragioni, ha deciso di licenziarla in tronco. Una decisione incomprensibile dato che la donna, Sarah, era una stimata collaboratrice dell’ospedale da ben 15 anni.
Da cristiani non si può comprendere come sia possibile un licenziamento come questo: essere cristiani e pregare affinché i pazienti guariscano dal male che li affligge è una colpa? In che modo avrebbe offeso i pazienti? Perché affidare una speranza di guarigione a Dio dovrebbe essere contro le direttive di un ospedale? Allora perché non negare le cure ai pazienti che pregano per la guarigione a questo punto.
Ciò che emerge da questo licenziamento è lo specchio della società attuale, una società in cui si è perso il valore della fede in favore del più sfrenato laicismo. Una tendenza che porta i più a giudicare i credenti come dei sognatori, dei bambini da svegliare da un illusione che secondo il loro punto di vista è stata sfatata dalla ragione o peggio, e questo ne è il caso, a vederli come il nemico da combattere e crocifiggere in nome della ragione. Come non notare che si è tornati agli albori del cristianesimo?