Infermiera racconta: ‘Terapia intensiva neonatale’ Quanti pianti

Il lavoro di Brittany French è ricco di immense soddisfazioni, ma anche di avvenimenti dolorosi: lavorando come infermiera nel reparto di terapia intensiva di un ospedale degli Stati Uniti, ha la gioia di contribuire a salvare le vite dei bambini nati prematuri, ma alcune volte questo compito non riesce ed il dolore diventa insostenibile.

Proprio a testimoniare la passione con cui svolge il proprio lavoro, l’infermiera ha voluto condividere lo scorso anno la foto di lei che tiene in braccio un bambino scomparso qualche giorno prima. La foto è molto toccante, ma mai quanto il racconto della vita in reparto di questa giovane infermiera. Nel post, infatti, Brittany racconta la sua esperienza e spiega le sue mansioni all’interno del reparto:

“Sapete quasi tutti che io sono un’infermiera! Una infermiera di terapia intensiva neonatale. Molte persone pensano che questo significhi imboccare e dondolare i bambini (che di tanto in tanto ho il privilegio di fare)… Ma il mio lavoro comporta molto di più. Mi prendo cura di bambini che, nati prematuri, non riuscirebbero a sopravvivere senza la medicina moderna… Posiziono ventilatori a linee centrali (adatti a loro, ndt) e somministro dei farmaci di primo soccorso. Li monitoro, me ne prendo cura, faccio loro le analisi, preparo l’occorrente per le terapie endovenose e somministro farmaci”.

Ma nel lavoro di Brittany c’è molto più dei compiti di una normale infermiera: “Insegno ai neo-papà come cambiare, per la prima volta, il pannolino del fragile pargoletto. Appoggio il bambino sul petto della madre, spesso ancora pieno di tubicini e fili vari. A volte passano giorni, se non settimane, in cui la madre non riesce neanche a tenerlo in braccio. Offro il mio conforto alla mamma mentre guarda il suo fragile bimbo subire più punture, iniezioni e trattamenti della maggior parte di noi. Festeggio con i genitori ogni tappa: ogni analisi del sangue positiva, ogni grammo acquisito, ogni tubo rimosso. Mi rallegro nel giorno in cui i genitori portano a casa il loro bambino dopo aver trascorso mesi all’interno del reparto di terapia intensiva neonatale. Assisto a dei miracoli. Vedo piccole vite riprendersi e battere ostacoli insormontabili”.

Il poter dare una mano ai bambini ed ai genitori la riempe di grande soddisfazione, in particolar modo quando il piccolo è sul filo che divide la vita e la morte, ma proprio quei momenti si rivelano a volte una spada di Damocle difficile da sopportare: “Ma a volte questo non succede… Aiuto a rianimare i bambini quando i loro cuori si fermano e i loro corpicini non ce la fanno proprio più. Mi rammarico, chiedendomi cosa avremmo potuto fare meglio o in modo diverso, quando ogni opzione medica è stata percorsa, senza successo. Affido quelle piccole vite ai loro genitori, mentre esalano i loro ultimi respiri, quando la scienza e la medicina non sono più abbastanza”.

Per vocazione personale il lavoro di Brittany non finisce quando la creatura malauguratamente lascia questo mondo prematuramente: “Aiuto la famiglia a creare delle memorie che custodiranno per sempre. Condivido con loro dei ricordi. E in mezzo a tutto questo, ridiamo e piangiamo insieme. Il reparto di terapia intensiva neonatale diventa la loro casa. Abbraccio i loro familiari mentre lasciano, per l’ultima volta, la stanza del bambino, sperando che le mie parole abbiano dato loro un po’ di conforto”. Ma ogni volta che è costretta ad assumere il ruolo di consolatrice, rimane devastata ed ha a sua volta bisogno di una spalla su cui appoggiarsi:

“A volte piango in macchina andando verso casa, sotto la doccia, o mentre cerco di addormentarmi prima di tornare al lavoro per prendermi cura di altre piccole vite. Mi appoggio sui miei colleghi. Sulle altre infermiere del reparto con cui ho il privilegio di lavorare. Mi affido a loro per imparare, per essere più saggia, per avere sostegno. Sì, come ‘lavoro’ faccio l’infermiera di terapia intensiva neonatale. Ma questo si rivela essere, ogni volta, molto di più”.

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