Inferno e perdono- Papa Francesco chiede perdono per gli abusi di pedofilia nella Chiesa

Inferno della pedofilia e perdono del cuore
Innamorato di Cristo, padre di cinque figli, uomo ormai maturo e felice del suo apostolato, Daniel Pittet, ha pubblicato, a sorpresa di molti, all’inizio di questo anno in versione italiana, la sua storia. Ragazzo sballottato di istituto in istituto, trova un sacerdote gentile che lo invita ad andare con lui in convento. Subito inizia l’inferno di orrori. È ripetutamente violentato sessualmente dal frate che lo aveva accolto con tanta apparente generosità… La sua vita per moltissimi anni, durante gli abusi e dopo, è stata un vero inferno. Solo il perdono lo ha guarito.

Papa Francesco si commuove
Un giorno ha raccontato la sua storia a Papa Francesco, che si è fortemente e profondamente commosso, oltre che a sentire lo scandalo e l’oltraggio che Gesù ha condannato nel più forte dei modi. Così Papa Francesco ha deciso spontaneamente di scrivere la prefazione al libro di questa vittima, Daniel Pittet, che ha deciso di venire allo scoperto per combattere altri abusi e salvare tante vittime, dal dolore e dal suicidio. Ma per non fare quelli che dicono solo alcune cose e altre no, pubblichiamo qui l’intera prefazione del Santo Padre e lasciamo al lettore il giudizio e, se possibile, la preghiera in unione con le tante troppe vittime, nel mondo intero di questi crimini atroci a troppi bambini.

Prefazione al libro
“Per chi è stato vittima di un pedofilo è difficile raccontare quello che ha subito, descrivere i traumi che ancora persistono a distanza di anni.
Per questo motivo la testimonianza di Daniel Pittet è necessaria, preziosa e coraggiosa.
Ho conosciuto Daniel in Vaticano nel 2015, in occasione dell’Anno della vita consacrata. Voleva diffondere su larga scala un libro intitolato Amare è dare tutto, che raccoglieva le testimonianze di religiosi e religiose, di preti e di consacrati. Non potevo immaginare che quest’uomo entusiasta e appassionato di Cristo fosse stato vittima di abusi da parte di un prete. Eppure questo è ciò che mi ha raccontato, e la sua sofferenza mi ha molto colpito. Ho visto ancora una volta i danni spaventosi causati dagli abusi sessuali e il lungo e doloroso cammino che attende le vittime.
Sono felice che altri possano leggere oggi la sua testimonianza e scoprire a che punto il male può entrare nel cuore di un servitore della Chiesa.
Come può un prete, al servizio di Cristo e della sua Chiesa, arrivare a causare tanto male? Come può aver consacrato la sua vita per condurre i bambini a Dio, e finire invece per divorarli in quello che ho chiamato «un sacrificio diabolico», che distrugge sia la vittima sia la vita della Chiesa? Alcune vittime sono arrivate fino al suicidio. Questi morti pesano sul mio cuore, sulla mia coscienza e su quella di tutta la Chiesa. Alle loro famiglie porgo i miei sentimenti di amore e di dolore e, umilmente, chiedo perdono.
Si tratta di una mostruosità assoluta, di un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna. Gesù usa parole molto severe contro tutti quelli che fanno del male ai bambini: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Matteo 18, 6).
La nostra Chiesa, come ho ricordato nella lettera apostolica del 4 giugno 2016, come una madre amorevole deve prendersi cura e proteggere con affetto particolare i più deboli e gli indifesi. Abbiamo dichiarato che è nostro dovere far prova di severità estrema con i sacerdoti che tradiscono la loro missione, e con la loro gerarchia, vescovi o cardinali, che li proteggesse, come già è successo in passato.
Nella disgrazia, Daniel Pittet ha potuto incontrare anche un’altra faccia della Chiesa, e questo gli ha permesso di non perdere la speranza negli uomini e in Dio. Ci racconta anche della forza della preghiera che non ha mai abbandonato, e che lo ha confortato nelle ore più cupe.
Ha scelto di incontrare il suo aguzzino quarantaquattro anni dopo, e di guardare negli occhi l’uomo che l’ha ferito nel profondo dell’animo. E gli ha teso la mano. Il bambino ferito è oggi un uomo in piedi, fragile ma in piedi. Sono molto colpito dalle sue parole: «Molte persone non riescono a capire che io non lo odii. L’ho perdonato e ho costruito la mia vita su quel perdono».
Ringrazio Daniel perché le testimonianze come la sua abbattono il muro di silenzio che soffocava gli scandali e le sofferenze, fanno luce su una terribile zona d’ombra nella vita della Chiesa.
Aprono la strada a una giusta riparazione e alla grazia della riconciliazione, e aiutano anche i pedofili a prendere coscienza delle terribili conseguenze delle loro azioni.
Prego per Daniel e per tutti coloro che, come lui, sono stati feriti nella loro innocenza, perché Dio li risollevi e li guarisca, e dia a noi tutti il suo perdono e la sua misericordia.” Papa Francesco il 6-12-2016

Shamaysan

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