Giovane americana viene in Italia e racconta la sua scelta di vita controcorrente e dolorosamente coraggiosa di testimoniare quanto le è accaduto a soli 16 anni, quando fu terribilmente ingannata.
Ormai arcinota in tutto il mondo è la pratica della transizione di genere. Si parla assai meno, al contrario, del fenomeno opposto, quello della cosiddetta “detransizione”. Nei Paesi anglosassoni e in particolare negli Usa, tuttavia, il dibattito ferve e fioccano anche le testimonianze.
Ingannata dai medici
Di detransizione, comunque, si sta iniziando a parlare anche in Italia. Emblematico è il caso della 22enne americana Luka Hein, in questi giorni in tour per la penisola per una serie di testimonianze al seguito di Pro Vita & Famiglia onlus, che l’ha accolta e le ha fatto da cicerone nel nostro Paese.
Nella tappa romana del suo tour, Hein ha raccontato di come, all’inizio dell’adolescenza, siano stati i suoi disagi esistenziali a spingerla verso una scelta radicale che sarebbe stata quella del rifiuto del proprio corpo femminile. Luka era stata letteralmente traviata da un contesto culturale che accoglieva con superficiale entusiasmo qualunque decisione di affrontare una transizione di genere.
In realtà, come emerge dal ciclo di testimonianze di Hein – non a caso denominate “INGANNATA. Perché nessuno è nato nel corpo sbagliato, nemmeno io” – ha richiesto coraggio, semmai, il percorso inverso, quello della detransizione e della riconciliazione con il proprio corpo. Tutto ciò, perché, in questa fase storica, negli Usa, si vive sotto una cappa ideologica politicamente corretta che, in nome di una falsa libertà, tarpa le ali al naturale desiderio di essere realmente felici.
Nessuna alternativa? Falso…
“Ai miei disagi da adolescente, alla mia confusione, alle mie paure“, ha raccontato Luka nel corso della sua testimonianza romana, “la comunità Lgbt ha risposto con l’inganno, ha risposto con la dittatura del pensiero unico, con l’unica e sola strada dell’ideologia gender senza neanche ipotizzare per me alternative o strade diverse da quella della transizione di genere“.
Invece di incoraggiare un percorso autentico di conoscenza di se stessa, gli amici e persino la famiglia hanno incoraggiato Luka a tirare dritto con insidiosissime cure ormonali e la doppia mastectomia a soli 16 anni.
L’incontro più compromettente e deleterio, tuttavia, per Hein è stato quello con un medico che – molto probabilmente per interesse, più che convinzione maturata in buona – era arrivato a formulare un sottile ricatto ai genitori della ragazza: meglio avere una figlia transgender che una figlia morta.
In altre parole, aveva fatto credere loro che, se impossibilitata a cambiare sesso, Luka sarebbe piombata nella disperazione e, come minimo, avrebbe tentato il suicidio. “Tutto ciò è capitato a me ma succede quotidianamente a migliaia di giovani, vittime dell’approccio affermativo“, ha spiegato la giovane americana.
Bombardata di testosterone
Dopo aver praticato la doppia mastectomia, Hein ha assunto testosterone per quattro anni, fino al giorno in cui non ha avuto la forza di dire basta e interrompere ogni forma di transizione che, fino a quel momento, invece di placare la sua inquietudine, l’aveva semmai acuita, provocandole anche notevolissimi malesseri fisici. E’ stato soltanto un paio d’anni fa che Luka ha preso finalmente consapevolezza che “non nasciamo mai nel corpo sbagliato, ma siamo il nostro corpo“.
Tanto è vero che lei stessa attribuisce la maggiore responsabilità del proprio dramma “ai medici, perché a differenza di altri dovrebbero perseguire sempre e solo il ‘non fare male’ e guardare i problemi e i disagi in modo distaccato. Il fatto che non l’abbiano fatto ma che mi abbiano spinto verso la transizione senza indagare i miei problemi e la mia confusione è la responsabilità più grande e grave“.
Giovani vittime della propaganda e della disinformazione
Come ricordato al termine della testimonianza dal fondatore e presidente di Pro Vita & Famiglia onlus Toni Brandi, una disavventura come quella vissuta da Luka Hein è stata favorita non tanto dal suo disagio esistenziale di adolescente con genitori divorziati, quanto dalla disarticolazione del tessuto sociale tradizionale, favorita soprattutto dall’incontrollabile mole di disinformazione che promana dai social network.
La stessa Luka è stata infatti fuorviata da chat e gruppi di discussione, che veicolano il mito dell’identità di genere e della transizione, assieme all’idea che il proprio corpo non è quello biologico ma quello che la persona mentalmente sceglie di avere. “Ecco, con la scioccante storia di Luka Hein vogliamo smentire tutto questo, dire la verità a tutti, svelare l’inganno che ogni giorno attacca sempre più adolescenti e aiutare anche l’Italia ad arginare questa tragica deriva ideologica“, ha concluso Brandi.