Il caso Charlie Guard ha calamitato l’attenzione dell’opinione pubblica, facendo interrogare il mondo intero sulla scelta morale insita nello staccare i respiratori ad un bambino affetto da una grave patologia. Il caso in specie si è concluso nel luglio del 2017 con la decisione definitiva per l’interruzione del supporto vitale al bambino. Le motivazioni che hanno portato ad una simile presa di posizione sono esclusivamente mediche: il piccolo Charlie, infatti, non aveva possibilità di guarire dalla sua malattia ed anche l’ultima speranza, rappresentata da un medico statunitense che aveva illuso i genitori con i benefici di una cura sperimentare, si è rivelata l’ennesimo passo falso.
A mesi di distanza da quel caso tanto dibattuto adesso in Gran Bretagna si parla del futuro di Isaiah Haastrup: il bambino è affetto da una grave paralisi cerebrale e non riesce a respirare autonomamente. La sua condizione di salute è dovuta a problemi medici durante il parto che hanno messo in pericolo la sua vita e quella della madre. Otto mesi dopo la sua nascita, a novembre 2017, il personale medico del King’s College Hospital in cui è ricoverato ha sentenziato che le sue condizioni rimarranno permanenti e che l’unica decisione da prendere nell’interesse del neonato è quella di spegnere i respiratori.
Esattamente come nel caso di Charlie i genitori si sono opposti al parere medico ed hanno portato la questione all’attenzione del tribunale, ed esattamente come in quel caso il giudice della Corte Suprema ha sentenziato in favore dell’ospedale, dichiarando: “Sono persuaso che non è nell’interesse del bambino che i trattamenti medici per tenerlo in vita siano continuati”. L’opinione pubblica si è spaccata in due tra chi da ragione alla decisione giuridica e chi invece si schiera dalla parte dei genitori che sostengono (senza alcuna base medica) che il figlio possa riprendersi.
Data la situazione è difficile schierarsi: sebbene il diritto alla vita debba essere mantenuto con ogni forza, in un caso come questo il confine tra il diritto e l’accanimento terapeutico è molto labile. Difficile pensare che degli esperti medici decidano di staccare la spina ad un neonato senza avere delle basi certe per farlo, assolutamente complottista è poi pensare che si tratti di una questione di interesse economico. Per fare luce sul caso e chiarire una volta per tutte se le possibilità di salvare la vita a Isaiah esistano davvero c’è bisogno del parere di medici esterni a quelli dell’ospedale, ascoltati i quali, bisognerebbe arrendersi all’evidenza e mettersi il cuore in pace sul destino di un’anima che Dio ha chiamato a se prima del tempo (dicendo questo mi rivolgo a chi grida al complotto e non ai genitori il cui dolore è più che giustificabile).
Bisognerebbe ricordare a chi ritiene che la decisione del personale medico sia uno scandalo che prima dell’epoca moderna un simile dilemma non sarebbe nemmeno nato, poiché è solo grazie alla scienza medica che il piccolo Isaiah potrebbe nutrire speranze di uscire dal grave stato di paralisi cerebrale in cui si trova. Dopo queste considerazioni si può legittimamente pensare che la morte di Isaiah, come quella di Charlie, sia un omicidio di stato? No, al massimo è un errore medico.