Il carcere di Megiddo è il più antico dello Stato d’Israele, venne costruito dagli inglesi negli anni’40, quando Israele era solo una colonia dell’imponente impero britannico. Si tratta di un carcere che non rispetta gli standard europei a cui ha aderito Israele e pertanto nel corso di questi mesi i detenuti verranno trasferiti in un carcere moderno in cui i detenuti potranno ricevere un trattamento non lesivo della dignità umana. Quello, però, che era ritenuto solo un carcere fino al 2003 è risultato essere un luogo di grande rilevanza archeologica, storica e cristiana: in seguito ad alcuni scavi si era scoperto che sotto al carcere c’erano i resti della più antica chiesa cristiana. Di recente un carcerato ha scoperto un antico mosaico che, grazie ad ulteriori studi, ha portato alla luce l’esistenza di un’antica cittadella romana in cui vivevano 5000 centurioni.
Ma se la presenza di una guarnigione romana nella Palestina non è una sorpresa, ciò che il mosaico rivela di sorprendente è invece la prova che non in tutti i luoghi dell’impero la religione cristiana era bandita e perseguita: in questa, infatti, ci sono delle scritte in greco che indicano come quello fosse il luogo di preghiera per i centurioni romani convertiti al cristianesimo. Il mosaico risale al 230 d.C., nell’Impero Romano il cristianesimo non è stato ufficialmente riconosciuto (riconoscimento che avverrà solo dopo la conversione di Costantino, nel 313 d.C.) come religione praticabile ed i cristiani che vogliono riunirsi in preghiera devono farlo nelle abitazioni private o nelle catacombe per non rischiare di essere scoperti e condannati a morte.
Il mosaico in questione dimostra che non in tutti i luoghi e non in tutti i periodi precedenti alla conversione di Costantino i cristiani erano perseguitati e che persino i soldati romani partecipavano alle messe. Sul mosaico c’è una doppia dedica, una ad una donna che aveva donato il denaro necessario alla costruzione della tavola: “Akeptous, che ama Dio, ha offerto la tavola a Dio Gesù Cristo come memoriale”e l’altra al centurione Ganius che l’aveva commissionata: “Porophrius, nostro fratello”.
Luca Scapatello