Il famoso pilota della Ferrari sorprende tutti durante una Messa. Così non l’aveva mai visto nessuno.
Siamo soliti vederli con un casco in testa, inghiottiti da automobili che sfrecciano in pista a velocità iperboliche: sono i piloti di Formula 1 e prestano i loro corpi, avvolti nelle tute aerodinamiche, a una competizione dove le vite sono appese a un filo.
Ogni momento in sella ad auto di tale cilindrata è una potenziale sfida alle leggi della fisica. Il pericolo insomma è il loro mestiere. E non è una battuta alla James Bond quando viaggi su bolidi potenzialmente in grado di superare i 400 km orari.
Tutti gli appassionati del Cavallino si ricordano di Jean Alesi, il pilota franco-italiano (figlio di immigrati siciliani) che dal 1991 al 1995 ha difeso i colori della Ferrari. Abituati a vederlo coi colori fiammanti della scuderia di Maranello, certo non lo avevamo mai visto muoversi sopra un altare, biancovestito e al ritmo decisamente più lento (e, confessiamolo, anche più a misura d’uomo) della liturgia cattolica.
Incredibile Jean Alesi: racconta il suo rapporto con Dio
Sono diventate virali in rete le sue immagini mentre serve Messa come chierichetto la notte di Natale, nella chiesa di San Francesco di Paola in via Manzoni, a poca distanza dalla sua casa di Milano.
«Da anni – spiega l’ex pilota a Il Giornale – ho una casa in centro a Milano e da cinque anni vado alla Messa della vigilia nella chiesa vicina. Ho conosciuto Monsignor Scotti, sono stato da lui prima della Messa e mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto fare il chierichetto. Non ci ho pensato su un attimo».
Dalla pista della Formula 1 all’altare, sempre in prima persona per vivere quella che ha definito «una gran bella esperienza, molto emozionante, l’ho scritto subito anche su Instagram. Io prendo molto sul serio la Chiesa e la Fede».
Alesi racconta di essere cresciuto in una famiglia molto religiosa e di aver «sempre frequentato la chiesa e il catechismo» in Francia, dove si erano trasferiti i suoi genitori. Per tenerlo tranquillo il padre lo ha sempre mandato a scuola dai preti, negli ultimi due anni in un monastero di gesuiti a Saint-Michel de Frigolet, vicino ad Avignone, per proseguire l’educazione religiosa che gli avevano dato in famiglia.
La fede dei piloti
È nato così un rapporto con la fede cristiana che non si è mai interrotto. Lo ricorda lui stesso: «Sono cresciuto in un ambiente dove la Fede è sempre stata presente. Io stesso continuo a frequentare la Messa e a pregare».
Una fede che non ha mai amato spettacolarizzare, a differenza di altri piloti. Quello che è sicuro è che Alesi era certo l’unico in pista ad affidarsi al Signore, quasi una necessità quando sai che ogni secondo al volante potrebbe essere l’ultimo della tua vita terrena. È l’immagine stessa della fondamentale precarietà dell’esistenza. E precarius, si sa, deriva proprio da precari, cioè “pregare, supplicare”.
Difficile trovare un pilota che non sia anche un supplice orante. «Eravamo pudicamente tutti religiosi», sottolinea infatti il pilota classe 1964. «Noi rischiavamo davvero la vita a quei tempi e ognuno aveva un suo Dio, qualcuno magari non era cattolico, cristiano, credeva in un altro Dio. Ma erano cose nostre, tutti avevamo il nostro modo di pregare, di affidarci al nostro Dio».