Nel bel mezzo del dibattito sull’apertura delle chiese o meno, e sulla vicinanza dei pastori al loro popolo, un gesto di carità dirompente è arrivato dall’elemosiniere vaticano.
Il cardinale Konrad Krajewski, in occasione del settimo anniversario del Pontificato di Francesco, si è recato nella chiesa di Santa Maria Immacolata all’Esquilino a Roma, di cui è titolare, e ne ha aperto le porte. Lo ha fatto per i tanti poveri e senzatetto che vengono accolti nella sua parrocchia. Il quartiere in cui la chiesa si colloca, infatti, negli ultimi decenni si è trasformato sempre di più in un quartiere multi-etnico, con delle dinamiche di vita particolari. Dove non mancano persone che purtroppo dormono agli angoli delle strade, sui marciapiedi, all’addiaccio. Dove capita.
Storie di vera sofferenza umana, che di inverno possono diventare anche vere e proprie tragedie, per via delle temperature gelide. L’elemosiniere, dopo avere fatti gli auguri al Papa per il suo anniversario, ha spiegato che il gesto che ha deciso di compiere è avvenuto nel pieno rispetto di tutte le norme di sicurezza. Aggiungendo che “è mio diritto assicurare ai poveri una chiesa aperta”.
“Così i poveri potranno adorare il Santissimo Sacramento che è la consolazione per tutti in questo momento di grave difficoltà”, ha spiegato il cardinale. Il cardinale Krajewski non è nuovo a questo tipo di azioni. Basti pensare infatti al riattacco della corrente elettrica all’edificio dell’ex Inpdap a Santa Croce in Gerusalemme, che nei mesi scorsi ha fatto molto discutere.
Ma in questa occasione di difficoltà, in cui tutti noi siamo messi fortemente alla prova, Krajewski ha offerto in questo modo a tutti un esempio di come la Chiesa stia realmente vicino ai poveri e ai bisognosi, nella modalità dettata dalla coscienza e dal discernimento pastorale di ogni sacerdote. Che in questo modo ha la capacità di valutare appieno cosa è bene e cosa è male. Di capire cioè dove si rischia per la salute fisica delle persone e dove invece vi è la necessità di tutelare la salute delle anime dei fedeli.
Il cardinale, noto come don Corrado ai poveri che stazionano nella capitale, in particolare nell’area intorno a San Pietro, ha così anche raccolto l’invito che Papa Francesco ha fatto ai sacerdoti in questi giorni di emergenza per il Coronavirus.
Così, proprio dall’Elemosineria Apostolica, l’invito è diventato azione concreta, per occuparsi di chi non può restare a casa al sicuro. Perché una casa non ce l’ha. E che rischia di essere abbandonato, oltre che dalle istituzioni, anche dalla Chiesa e dai suoi fratelli nella fede.
Aprendo le porte della sua parrocchia il cardinale ha messo al centro della sua vita la carità verso il prossimo. Invece che fare come don Abbondio, come ha messo in guardia il Papa. Don Abbondio infatti, come raccontato da Manzoni nei Promessi Sposi, nella nostra cultura è il simbolo della comodità, della codardia, della viltà di chi, per egoismo, non riesce a pensare che ai propri interessi.
Caratteristiche che spesso, nei momenti di difficoltà, si manifestano in molte persone. Mentre invece la sfida del cristiano è quella di uscire da sé stessi per donarsi completamente al prossimo, che sia la persona che abbiamo di fianco nella vita oppure l’ultimo dei bisognosi che incontriamo per la strada.
Dopo l’emanazione da parte del Governo dei decreti sulla sicurezza, che hanno anticipato le disposizioni della Santa Sede, sono inoltre cambiate anche le modalità di aiuto ai poveri.
“Lasciamo le docce e i bagni aperti perché per i poveri è una necessità e questa va rispettata. Significa ovviamente osservare le norme e le distanze di sicurezza”, ha spiegato l’elemosiniere. Anche le modalità di distribuzione dei pasti ora sono diverse.
Gli orari sono anticipati e non si stazione più in fila uno dietro l’altro, ma viene distribuito un “sacchetto del cuore”, da mangiare altrove. “Il messaggio che vogliamo mandare ai senza tetto è uno solo: non siete soli a fronteggiare l’emergenza, noi ci siamo, vi supportiamo nelle necessità”
Giovanni Bernardi
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