Durante il periodo di dichiarazione dei redditi puntualmente prendono vita le crociate e le campagne anticlericali sull’8×1000. La critica si divide convenzionalmente in tre voci:
1) L’8X100 E’ UN OBBLIGO?
L’8 per mille, come anche il 5 per mille, è la destinazione di una quota delle tasse già dovute, cioè non significa una maggiorazione delle imposte come molte voci anticlericali dicono. E’ ovvio anche che non esprimerla non fa risparmiare sulle tasse (anzi, avvantaggia l’ente che ha preso più voti, come diremo dopo). E’ una scelta volontaria, nessuno obbliga a firmare per lo Stato, per la Chiesa cattolica, per quella valdese, per quella luterana, per le comunità ebraiche e così via.
2) IL MECCANISMO AVVANTAGGIA LA CHIESA CATTOLICA?
Il meccanismo di ripartizione funziona in modo che “chi firma decide anche per chi non firma”, cioè la quota dei contribuenti che non ha firmato viene suddivisa tra i destinatari secondo la proporzione risultante dalle scelte espresse. Detto in modo più semplice, questo meccanismo avvantaggia chi ha avuto la maggiore quota di preferenze. Domanda: quale colpa ha la Chiesa cattolica se è lei a ricevere la maggioranza delle preferenze del 40% dei contribuenti che esprime una scelta? Non si sa, ma bisogna incolparla comunque. Se la maggioranza firmasse per lo Stato o per la Chiesa valdese (qualcuno lo impedisce?), siamo sicuri che le stesse campagne anticattoliche andrebbero avanti comunque. L’otto per mille, citando l’importante dossier creato da Umberto Folena, non dà alcuna garanzia alla Chiesa, che ogni anno si sottopone al giudizio (democratico) dei cittadini, i quali possono darle la firma o rifiutargliela. Le garanzie, se così vogliamo chiamarle, c’erano semmai prima del Concordato del 1984, quando ancora i preti privi di altri redditi ricevevano dallo Stato il cosiddetto “assegno di congrua”. Garanzie a cui la CEI ha rinunciato, in accordo con lo Stato, rimettendosi alla volontà degli italiani. L’otto per mille è una forma di democrazia diretta applicata al sistema fiscale. Ogni lamentela è puramente ideologica.
3) LA CHIESA CATTOLICA DESTINA POCO ALLA CARITA’?
Secondo la leggenda, la Conferenza Episcopale Italiana (che è il vero beneficiario, e non la Chiesa o il Vaticano come dicono i disinformati) nasconderebbe la vera distribuzione dei fondi ricevuti, evitando di dire che una parte minore dell’8×1000 andrebbe ad esigenze di carità. Innanzitutto, da sempre la Cei pubblica l’esatto rendiconto, il quale appare anche sulla pagina 418 del Televideo Rai, sui settimanali diocesani, sul sito ufficiale www.8×1000.it, e anche sul quotidiano “Avvenire”, che informa costantemente sull’utilizzo dei fondi, senza nessun nascondimento segreto. In secondo luogo, occorre capire un piccolo concetto.
Secondo questo dettagliato rapporto si vede che nel 2011 468 milioni sono stati destinati a “Esigenze di culto della popolazione”, 235 milioni di euro a “Interventi caritativi” e 361 milioni di euro a “Sostentamento del clero”. Sembrerebbe quindi giustificata la tesi della “leggenda nera” (“solo” 235 milioni alla “carità”). Poi però se si va a leggere il dettaglio, sotto la voce “Esigenze di culto della popolazione“ fanno parte anche «esigenze relative, ad esempio, alle problematiche familiari, alla realizzazione di strutture educative e ricreative per ragazzi […], ad attività pastorali che si fanno sempre più articolate e si proiettano maggiormente in prospettiva evangelizzatrice e missionaria […], iniziative che abbiano come scopo la conoscenza, la tutela e conservazione dei beni culturali ecclesiastici (in Italia il 70% del patrimonio artistico è di carattere religioso) […], attività di promozione dell’ecumenismo e della pace, attività di promozione pastorale per i detenuti, attività di formazione dei giovani lavoratori, sostegno di associazioni per la promozione delle famiglie…». Insomma è un investimento nella società, nei futuri missionari, nell’educazione, in progetti di ecumenismo, da cui traggono beneficio tutti (non si è interessanti comunque? Benissimo, si firmi tranquillamente per altri beneficiari).
Superiamo la voce “Interventi caritativi”, che evidentemente è direttamente rivolta alle opere missionarie della chiesa, e arriviamo alla voce “Sostentamento del clero”. Anch’essa è di fatto un investimento nella carità, perché i missionari nei Paesi del Terzo Mondo vanno pagati, i sacerdoti e le suore che organizzano le mense dei poveri vanno pagati, occorre che si mantengano, a meno che si voglia chiedere ai poveri di pagare (un sacerdote prende dalle 800 alle 1000 euro al mese e non va mai effettivamente in pensione). E’ una forma indiretta di sostegno della carità, come -esempio banale- lo stipendio allo spazzino è un modo indiretto per garantire la pulizia della propria città. Questa terza voce della “Leggenda Nera” è quella più diffusa, e per capire meglio questo (non troppo complicato) concetto, si invita a visitare il sito “Chiedilo a loro”. Inoltre, è opportuno citare ancora l’ottimo lavoro di Folena che spiega l’errore anti-clericale: non è corretto leggere l’impegno della Chiesa nel nostro Paese attraverso la schema rigido di un rendiconto amministrativo. Perché, ad esempio, il prete che ispira e anima un progetto di carità finisce sotto la voce “sostentamento del clero”, mense, centri di ascolto e case d’accoglienza, immobili a servizio della carità, finiscono sotto la voce “culto e pastorale”. Dunque l’investimento nella “carità”, non è tutto quello che appare sotto la diretta voce della rendicontazione.
CONCLUDENDO
Destinare l’8×1000 alla Chiesa cattolica è garanzia di investimento del denaro in opere davvero utili, è infatti l’unico ente sufficientemente attrezzato e radicato sul territorio per permettere davvero che questi soldi siano utilizzati nel modo più efficace possibile. Se non ci credete, chiedetelo a loro.
POST SCRIPTUM
Significativo sottolineare come una delle associazioni più impegnate nella disinformazione sull’8×1000 è l’associazione ateista UAAR. Si è tuttavia scoperto che lei stessa aspira (senza riuscirvi) ad accedere all’8×1000, tanto da arrivare ad auto-definirsi una “confessione religiosa” nel Ricorso straordinario allo Stato, di cui abbiamo già parlato e che si può trovare ancora sul loro sito web: «è stata disconosciuta la qualificazione non solo di confessione religiosa, ma anche quella di associazione religiosa: ma un’unione di atei non è né una società sportiva né un partito politico né può essere qualcosa di diverso da una associazione con fine di religione […], e l’UAAR, come si è detto, si interpreta come religione». E ancora: «l’ateismo non potrebbe nemmeno essere distinto dalla religione». Vuole auto-concepirsi come “confessione religiosa”, per «determinati fini o per conseguire vantaggi legislativamente previsti, come confessione», «vantaggi non soltanto morali, ma anche concreti», come quelli «di tipo patrimoniale (attribuzione dell’otto per mille del gettito IRPEF, deducibilità delle erogazione liberali dei fedeli) e non patrimoniali (accesso al servizio radiotelevisivo pubblico e riserva di frequenze; insegnamento dottrinale su richiesta nelle scuole pubbliche)». Ricordano infine che «l’UAAR, in quanto confessione religiosa ai sensi dell’art. 8 c. III Cost., risulta titolare di tale interesse».
Fonte: uccronline.it
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