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La Chiesa e l’occasione persa nel tempo del Coronavirus

La sospensione delle celebrazioni eucaristiche a causa del Coronavirus, ha suscitato disorientamento tra i figli della Chiesa.

La prima settimana della Quaresima è stata segnata dal provvedimento da parte dei Vescovi di sospendere le Sante Messe in diverse regioni del nord Italia. Tale disposizione è stata attuata in Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria e Friuli Venezia Giulia.

Mi dispiace molto che una misura così drastica, in seguito all’ordinanza sanitaria emanata dai Presidenti delle regioni, in accordo con il Governo, sia stata presa senza prima considerare altre soluzioni.

Si sarebbe potuto optare per delle precauzioni durante le Messe, le stesse attuate nelle diocesi di altre regioni, esempio in Toscana. Tenere vuote le acquasantiere; omettere il gesto dello scambio della pace nelle celebrazioni liturgiche; distribuire la Santa Comunione esclusivamente sulla mano; prendere precauzioni durante le Confessioni auricolari e in contesti di contatti personali.

Oppure disporre le Messe all’aperto. A Medjugorje anche quando le temperature sono rigide, i pellegrini, seguono le funzioni all’esterno con spirito di sacrificio, e sono ampiamente ricompensati dall’incontro più importante con Gesù. O se proprio si voleva lasciare al fedele la libertà di scelta, si poteva prevedere la dispensa dal precetto, ma non l’annullamento delle Messe, privandone così tutti.

La scelta degli uomini della Chiesa al tempo del colera e della peste

Se guardo indietro, lungo il corso della storia del nostro Paese, scopro santi uomini della Chiesa che nel momento della prova, si sono premurati di non far mancare ai fedeli il conforto dei sacramenti.

Qualche esempio: San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano quando a fine del 1500 scoppiò la peste bubbonica, organizzò le Messe all’aperto e si distinse per il suo animo caritatevole. San Giovanni Bosco a Torino verso la metà del 1800 quando imperversò il colera, si premurò che i suoi ragazzi si accostassero alla Confessione.  Nessuno di loro perì nonostante la vicinanza ai malati.

E ancora a Trieste nello stesso periodo, i cittadini si affidarono alla protezione della Vergine Maria. La portarono in processione lungo le via della città e ottennero la grazia della cessazione del colera. Da allora autorità civili e religiose rinnovano il voto, di ringraziarla ogni anno il 21 novembre.

E quale dissonanza, vedere i ristoranti, i bar, i centri commerciali, i trasporti e i pubblici esercizi che continuano la loro attività come se niente fosse, nonostante le presenze siano nettamente superiori rispetto a quelle durante le celebrazioni in chiesa, soprattutto durante i giorni feriali.

Anche le palestre e le piscine dove il contagio da Coronavirus è assai elevato, sono aperte. Allora i conti non tornano. E non essendoci una logica in questa precauzione, rimangono degli interrogativi aperti.

Un’occasione per riavvicinarsi a Dio

Domenica scorsa, mi ha molto sorpreso la reazione di una mia zia che non va in Chiesa. Era passata a trovare i miei genitori, ed io mi trovavo da loro a pranzo. Dopo aver preso il caffè insieme, mentre mi stavo accingendo ad andare alla Messa al santuario di Roverano vicino a casa, ha deciso di venire anche lei.

Mi ha detto che in questo momento di ansia e preoccupazione per un virus di cui non è chiara la portata, è meglio affidarsi a Dio. Ne sono stata felice! Ho pensato che come lei, forse altri potevano riavvicinarsi al Signore, anche solo per il tempo di questa emergenza, ma è pur sempre qualcosa.

Quando poi la sera è arrivato il comunicato della nostra Diocesi, ho pensato all’occasione persa dalla Chiesa. Anziché giocare in difesa, avrebbe potuto giocare in attacco senza paura, e ritornare a essere anche per quelli più lontani un punto di forza. Ma non è andata così. Continuo però a sperare che da questa situazione sfavorevole, nascerà qualcosa di buono, anzi sta già accadendo.

La riscoperta dell’immenso dono della Santa Messa

Diamo troppo per scontato ciò che abbiamo a disposizione ogni giorno, e ci rendiamo conto del suo valore proprio quando ci viene a mancare. Dimentichiamo di ringraziare Dio per il dono di suo Figlio, vivo in mezzo a noi, e di essere grati dell’incontro speciale con Lui nella celebrazione eucaristica.

Penso che quello che molti di noi stanno sperimentando in questi giorni – tanto più che siamo entrati nella Quaresima – è il dolore per l’assenza dell’Eucarestia e un maggior desiderio di ricevere la Comunione. E questa sofferenza ha un valore perché risveglia in noi il bisogno di Cristo. Ieri, Mercoledì delle Ceneri, con la mia amica Alessandra, non volevamo perdere la Messa, che nella nostra città, La Spezia, è sospesa.

Allora ci siamo recate nella parrocchia di San Martino ad Albiano Magra in Toscana, che dista circa mezz’ora di macchina da dove abitiamo. Mentre fino a pochi giorni fa, eravamo abituate a fare pochi passi a piedi per ritrovarci comodamente in chiesa per la Messa. E’ stato bellissimo, eravamo felici di aver trovato in questa piccola chiesa di paese ma accogliente, il tesoro più prezioso.

In questa, come in ogni tribolazione, il Signore ci parla, ci forgia, ci permette di farLo crescere nel nostro cuore. Sta a noi giocarcela bene questa prova. Ognuno e non solo i nostri Vescovi, ha la possibilità di scegliere in piena libertà come affrontare il Coronavirus.

Simona Amabene  

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