Per rispondere a questo interrogativo proviamo ad esaminare i documenti ufficiali della Chiesa. Nella costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Sacra Liturgia emanata dal Concilio Vaticano II si legge “La Comunione sotto le due Specie è molto raccomandata come più perfetta partecipazione alla Messa” (n. 55). Il Codice di Diritto Canonico riporta: “Sacra communio conferatur sub sola specie panis aut,ad normam legum liturgicarum, sub utraque specie; in casu autem necessitatis, etiam sub sola specie vini” (Can. 925).
Come si può vedere dal Canone, la questione della Comunione sotto le due Specie, non è una questione disciplinare ma liturgica.
L’esempio di Gesù
Nei Vangeli troviamo il racconto dell’Ultima Cena di Gesù: “Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi»”. (Lc 22,19-20)
Queste stesse parole vengono ripetute da noi sacerdoti che riprendiamo parole e gesti di Gesù in persona Christi. Diciamo: “Prendete e mangiatene tutti”. E poi distribuiamo il Pane Consacrato. Poi continuiamo con ciò che Gesù disse e fece : “Prendete e Bevetene tutti”. Ma a questo punto noi coraggiosamente non diamo niente (solo l’Ostia Consacrata).
San Tommaso d’Aquino
Nel De venerabili Sacramento Altaris, San Tommaso di Aquino osservò che “che il Corpo di Cristo non si duplica né diminuisce, ma rimane unico identico intatto e integro, sia mentre viene mangiato dai fedeli (Primum, quod Corpus Domini dum manducatur, non minuitur), che nei molteplici luoghi in cui l’eucaristia è presente in uno stesso momento (Secundum signum – secondo miracolo – quod unum et idem corpus est in pluribus locis, in pluribus portionibus) che allo spezzare del Pane eucaristico (Tertium mirabile est, quod Corpus Domini licet sit in pluribus licis vel hostiis, aut portionibus, tamen per partes non est divisum sed manet in se integrum et conjenctum)”.
Dunque Gesù è tutto intero anche nelle piccole particelle del Pane Eucaristico.
Il Concilio Vaticano II e il Codice
Concilio e il Codice fanno una scoperta nuova: Il linguaggio dei segni e dei significati.
Il primo è il linguaggio Biblico punto di partenza e da cui non si può prescindere.
Il secondo: Il Medioevo è rimasto dal punto di vista dogmatico ma è insufficiente.
Il terzo: il linguaggio dei segni: il Pane è figura simbolo oggettivo del Corpo di Cristo, mentre il Vino è segno e figura simbolo oggettivo del Sangue di Cristo in Croce e di tutti i Santi Martiri che versano il sangue ad imitazione del Sangue di Cristo.
Aspetto liturgico
Quell’aut è avversativo, rimanda ad un altro punto di vista che non è più disciplinare ma liturgico. Mille anni di storia confermano la Comunione sotto le due specie. Il Can. Filippo Natale Appendino che è alla Casa del Clero S. Pio X da 13 anni, ha sempre dato la Comunione Pane e Vino a suore e fedeli, che erano ben contenti di poterla ricevere in questo modo.
Alcune conferme
Il quadro “San Carlo Borromeo comunica gli appestati” (che si può vedere nell’immagine in alto) dipinto da Pierre Jean Baptiste Marie (1714-1789) presenta San Carlo Borromeo che indossa il Piviale, tiene con la sinistra il calice e con la mano destra un’Ostia posta sopra la bocca del calice. E’ evidente che dava tutte e due agli appestati.
I 3 volumi del L. Chiappetta (Il Codice di diritto Canonico – Commento giuridico Pastorale – Edizioni EDB. Vol.2 pag.157) trattano ampiamente questo argomento e descrivono in particolare il potere del Vescovo di dare disposizioni senza consultare la Conferenza Episcopale. La normativa che regola la Comunione sotto le due Specie è competenza del vescovo diocesano.
L’Ordinamento Generale del Messale Romano recita, al n. 283 che La Comunione sotto le due specie è permessa, oltre ai casi descritti nei libri rituali:
a) ai sacerdoti che non possono celebrare o concelebrare;
b) al diacono e agli altri che compiono qualche ufficio nella Messa;
c) ai membri delle comunità nella Messa conventuale o in quella che si dice “della comunità”, agli alunni dei seminari, a tutti coloro che attendono agli esercizi spirituali o partecipano ad un convegno spirituale o pastorale.
Il Vescovo diocesano può stabilire per la sua Diocesi norme riguardo alla Comunione sotto le due Specie, da osservarsi anche nelle chiese dei religiosi e nei piccoli gruppi. Allo stesso Vescovo è data facoltà di permettere la Comunione sotto le due Specie ogni volta che sembri opportuno al sacerdote al quale, come pastore proprio, è affidata la comunità, purché i fedeli siano ben preparati e non ci sia pericolo di profanazione del Sacramento o la celebrazione non risulti troppo difficoltosa per il gran numero di partecipanti o per altra causa.
Circa il modo di distribuire ai fedeli la sacra Comunione sotto le due specie e circa l’estensione delle facoltà, le Conferenze Episcopali possono stabilire delle norme, approvate dalla Sede Apostolica.
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