Rocco Siffredi, testimone d’eccezione, conferma con palese sofferenza, la natura diabolica di questo vizio e i danni devastanti dell’immaginario pornografico sull’anima e sulla psiche individuale.
La pornografia è una passione schiavizzante che incatena la persona rendendola dipendente da un vizio.
Che la pornografia faccia male all’amore, sotto tutti i punti di vista, appare cosa ormai acclarata. Psiche, anima e corpo: tutto viene distorto da questa caricatura dell’amore che esalta una genitalità meccanica e infeconda, ridotta a spettacolo voyeuristico. E che soprattutto crea una dipendenza malsana.
In una parola, fomenta il vizio: un peccato allo stato cronico. Che finisce anche per distruggere il piacere fisico che inizialmente funge da “esca” per attirare nella trappola. Gustave Thibon ha dato questa definizione del vizio: «un peccato commesso senza piacere». Una sorta di “loop” maligno, in sostanza, una coazione a ripetere che incatena la persona e la rende schiava.
Anche papa Francesco ha messo in guardia perfino i seminaristi contro il vizio della pornografia. Tirando in ballo, con la consueta franchezza, l’azione del demonio: «È un vizio che ha tanta gente, tanti laici, tante laiche, e anche sacerdoti e suore. Il diavolo entra da lì».
La confessione di Rocco Siffredi al di sopra di ogni sospetto
Ma finché a parlare del diavolo come ispiratore della pornografia sono i cattolici, si sa, non fa quasi testo. Ci sarà sempre qualcuno a bollarli come bacchettoni ossessionati dal sesso. Ben diverso però quando a farlo è un “addetto ai lavori”. Che si rende così, suo malgrado, un “testimonial” perfetto del cuore di tenebra che batte nel petto del porno.
Fa realmente impressione infatti la “confessione” televisiva dell’indiscussa star italiana della pornografia, l’attore a luci rosse Rocco Siffredi. Lo scorso 15 novembre quello che è noto come il “re del porno” è stato ospite del programma Belve di Rai2 condotto dalla giornalista Francesca Fagnani.
E lì, durante l’intervista, si è lasciato andare a un racconto che la dice lunga sugli effetti nefasti della pornografia. Siffredi ha raccontato della sua vera e propria dipendenza dal sesso, che non solo lo ha portato a tradire una infinità di volte la moglie Rozsa (conosciuta peraltro sul set di un film a luci rosse) con la quale è sposato da 29 anni e ha avuto due figli. Di più: è arrivato a invocare la castrazione e perfino la morte.
Dopo aver girato una cosa come 1700 film, l’attore ha annunciato di aver smesso da poco di recitare nelle pellicole pornografiche, ma non di girarle. Questo perché, «il porno non è solo la mia vita è anche il mio lavoro». È la terza volta, ha raccontato, che prova a farlo.
Un vizio che imprigiona a un sesso senz’anima
Siffredi ha raccontato come la dipendenza dal sesso lo abbia quasi spinto alla follia portandolo, a un certo punto della vita, a andare «con più di mille prostitute per strada perché ero pazzo». E non solo: è arrivato a trascurare i figli per avere rapporti sessuali “no stop” con donne, uomini, transessuali. Non faceva differenza. «Non mi sono fatto mancare nulla – spiega – semplicemente andavo senz’anima, andavo. Uscivo e se non trovavo una prostituta era un prostituto, era uguale, era tutto uguale».
La giornalista legge poi una sua vecchia dichiarazione sulla violenza con cui quel vizio gli arrivava addosso come un treno: «Quando questa voglia mi assale nella sua forma più violenta, arrivo persino a pensare che vorrei castrarmi per risolvere il problema. Ma è proprio a quel punto che chiedo aiuto a Dio tramite l’intercessione di mia madre».
Desiderare di morire
Poi il pornoattore aggiunge – in uno dei momenti più impressionanti dell’intervista – che la dipendenza lo ha portato addirittura a desiderare la morte. Quando la giornalista gli domanda che tipo di aiuto chiedesse in quei momenti a Dio o a sua madre, il colloquio televisivo prende una piega drammatica. «Di farmi morire semplicemente», risponde Siffredi.
Da lì in avanti, il ricordo di quel dolore lo trasfigura. E lo si vede perdere ogni sicurezza, con lo sguardo quasi perso e gli occhi gonfi di lacrime, la voce che gli si fa spezzata e incerta.
L’attore originario di Ortona – al quale devono andare le nostre preghiere, non certo le nostre pietre: lo dico a scanso di equivoci – parla di un periodo difficilissimo, durato a lungo, e dal quale, fa intendere, solo parzialmente è uscito. Racconta infatti di essere «abbastanza fuori» da quel momento buio, soprattutto grazie all’aiuto della moglie (qui c’è il passaggio forse più difficile e toccante dell’intervista: Siffredi quasi non riesce a emettere il suono della voce tanta è la commozione). Ma subito dopo aggiunge: «Ho paura che completamente fuori non ci sarò mai».
“Il diavolo è il sesso”
Evidente che il mostro è sempre lì a covare in agguato, mai sazio e mai domo. Di che natura sia quella forza selvaggia che si era come impadronita di lui si capisce meglio quando la conduttrice legge un’altra sua dichiarazione: «Lei una volta ha definito questa dipendenza una sorta di diavolo affermando: “mi manda a volte fuori di testa, fino al punto di farmi diventare quasi aggressivo. C’è stata una volta in cui ho avuto paura di non sapermi fermare”».
E lui commenta: «Quando si parla di diavolo secondo me oggi il diavolo è il sesso». Certo, poi aggiunge che non intende riferirsi a colui, diremmo noi, che il Vangelo chiama «padre della menzogna» e «omicida fin dal principio». Ma poco importa: gli effetti devastanti testimoniano più che a sufficienza quale sia la natura di quella forza maligna che incatena e spinge verso l’autodistruzione.
Certamente il diavolo non è il sesso, ma altrettanto certamente si serve del sesso per ingannare le creature. A ragione padre Maurizio Botta ha definito la pornografia «un veleno maledetto». E come sempre il veleno del diavolo degrada la creazione sfigurando la sessualità (che non è più quello che è e deve essere, cioè una copia della generazione divina) e separando ciò che Dio ha unito (la fecondità e l’unione tra gli sposi).