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La dichiarazione di amore alla Chiesa, di Don Carlo Carretto

Il sacerdote Carlo Carretto fu un uomo scomodo per la Chiesa, questo perché riusciva a vedere tutti i suoi peccati, le sue imperfezioni e non ne faceva mistero, anzi le denunciava. Don Carretto fu quindi un uomo di Chiesa, la cui devozione andava solamente a Cristo e allo Spirito Santo, ma non per questo decise di abbandonare l’istituzione di Cristo, perché? Le motivazioni della sua devozione alla chiesa sono state lasciate in un testamento spirituale scritto dal religioso poco prima di morire e sono state riportate nel libro ‘Carlo Carretto. Il profeta di Spello’ scritto da Gianni Di Santo.

Ecco il testamento spirituale di Don Carretto, rilasciato in un intervista il 4 febbraio del 1987 da un letto dell’ospedale ‘Fatebenefratelli’ di Roma. Il profeta di Spello inizia con una dichiarazione di amore-odio nei confronti della Chiesa: “Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello. Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure. No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente”.

Questa prima parte dell’intervista non spiega il perché di questo legame indissolubile, ma al tempo stesso conflittuale. Ben presto, però, il religioso chiarirà la sua posizione e lo farà cominciando dal mistero della Chiesa di Cristo che, dice Don Carretto: “Il potere di darmi la santità ed è fatta tutta quanta, dal primo all’ultimo, di soli peccatori, e che peccatori! Ha la fede onnipotente e invincibile di rinnovare il mistero eucaristico, ed è composta di uomini deboli che brancolano nel buio e che si battono ogni giorno contro la tentazione di perdere la fede. Porta un messaggio di pura trasparenza ed è incarnata in una pasta sporca, come è sporco il mondo. Parla della dolcezza del Maestro, della sua non-violenza, e nella storia ha mandato eserciti a sbudellare infedeli e torturare eresiarchi. Trasmette un messaggio di evangelica povertà, e non fa che cercare denaro e alleanze con i potenti”.

Sembra che Carretto dica che le premesse della Chiesa, poggiate sul messaggio di Cristo, siano il collante che la rende necessaria, eppure ci sono quelle persone che al suo interno ne travisano l’essenza. Dunque, verrebbe da chiedersi, non sarebbe stato meglio fondarne un’altra sulla base del messaggio originale? Don Carretto risponde a questa domanda e svela una volta per tutte il suo attaccamento alla Chiesa, nonostante tutte le sue imperfezioni: “Non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che aver fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nell’umiltà e nella coscienza della propria fragilità. No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un’altra su una pietra ancora più debole che sono io”.

In sostanza Don Carretto fa capire come l’importante non è giudicare gli errori degli uomini, ma aderire al messaggio di cui si fa portatrice la Chiesa. Infatti nel concludere l’intervista si pone una domanda: “Cosa contano le pietre?” a cui risponde: “Ciò che conta è il cemento che unisce le pietre, che è lo Spirito Santo”.

Luca Scapatello

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Luca Scapatello

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