In questo articolo intendiamo chiarire alcuni equivoci e trattare circa la differenza che passa tra una guarigione e un miracolo.
In precedenza ho illustrato in maniera sintetica qual è il motivo per cui nel santuario di Lourdes i riconoscimenti dei miracoli stanno calando [i]. Ho mostrato che questo non è tanto dovuto ad una diminuzione nelle dichiarazioni di guarigione, quanto a una procedura che nel tempo è diventata oltremodo complessa e coinvolge molteplici equipe di medici, pretendendo da questi una unanimità di giudizio su fatti spesso estremamente complessi. Quali sono i criteri sui quali questi medici si pronunciano? Vale a dire, quali elementi per la Chiesa cattolica ci dicono che ci si trova di fronte non ad una guarigione, magari straordinaria, ma ad un vero e proprio miracolo? La Chiesa è estremamente cauta di fronte a questi fenomeni: la possibilità di una spiegazione naturale di fronte ad eventi ancora non ben compresi o di un errore di diagnosi sono possibilità che vanno tenute in considerazione quando si vuole invece interpretare certi fatti con la presenza inequivocabile dell’Onnipotente. I criteri richiesti dalla Chiesa risalgono alla prima metà del XVIII secolo (1734-1738) e furono formulati, nella maniera ancora oggi valida, dal cardinale Prospero Lambertini, allora promotore della fede presso la congregazione dei Riti ed indicati nella sua opera più nota, il volume De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione. In questo testo è evidente il ruolo dell’esperienza avuta da quello che in seguito sarà eletto papa con il nome di Benedetto XIV: grande la sua attenzione ad evitare errori dovuti a superficialità di giudizio o a carenza di metodo. I requisiti stabiliti da Benedetto XIV per il riconoscimento del miracolo sono diversi, e anche la mancanza di uno solo fa sì che la Chiesa escluda il fenomeno miracoloso.
In primo luogo, la malattia deve essere grave, incurabile, o difficoltosa a trattarsi. Questo già esclude tutta una serie di patologie in cui l’intervento della medicina può da solo essere risolutivo.
In secondo luogo bisogna essere sicuri che la patologia da cui si è guariti non fosse al punto da poter guarire spontaneamente: vanno quindi escluse tutte quelle guarigioni in cui è anche solo possibile che la natura abbia agito semplicemente seguendo il suo corso.
In terzo luogo occorre che nessun farmaco sia stato impiegato o, se usato, che ne sia stata accertata la mancanza di effetti. Visti i progressi della scienza medica questo criterio è stato adeguato ai tempi: ad oggi va dimostrato con certezza che la guarigione non sia dovuta a fattori umani e che le cure siano risultate inefficaci.
In quarto luogo bisogna che la guarigione avvenga all’improvviso ed istantaneamente, e questo è l’aspetto forse più importante di tutta la procedura. Infatti il recupero della salute non deve avvenire gradualmente: la Chiesa chiede all’Onnipotente un segno tangibile della sua presenza, ecco perché la guarigione deve avvenire ricalcando le modalità – in questo caso la tempistica – dei miracoli di Gesù.
In quinto luogo è necessario che la guarigione sia perfetta, e non difettosa o parziale: vengono perciò escluse tutte le situazioni in cui c’è stato magari solo un miglioramento, ma non un ritorno alle condizioni precedenti alla malattia. Quello che viene richiesto è quindi la ripresa totale dello stato di salute della persona.
A quest’ultimo criterio se ne associa un altro, per il quale bisogna che la malattia debellata non si riproduca. Quindi non devono esserci recidive, ricadute, ecc. In pratica, una volta guarita da quella malattia la persona interessata non deve averci più niente a che fare.
Oltre che a Lourdes, esiste nella Chiesa cattolica un’altra struttura chiamata a pronunciarsi di continuo su casi di guarigioni straordinarie. Sto parlando della Consulta medica, in essere presso la Congregazione per le Cause dei Santi. Questo ente, fondato nel 1949 anche su ispirazione di quanto avveniva a Lourdes, è il collegio di specialisti chiamato a pronunciarsi sulla inspiegabilità delle guarigioni nel corso dei processi di beatificazione e canonizzazione. Con la riforma di Giovanni Paolo II per la canonizzazione di una persona, dopo averne valutato l’eroismo delle virtù, occorre il riconoscimento di un miracolo (quasi sempre una guarigione) per ricevere lo status di beato; serve poi un miracolo ulteriore per giungere alla proclamazione pubblica di santità. Naturalmente i miracoli accertati vanno compiuti post mortem, perché servono proprio come suggello divino della scelta della Chiesa. Per questo l’opera della Consulta medica è di fondamentale importanza per la Chiesa: è composta da 5 membri che si avvalgono dell’aiuto di due Periti esterni. Si pronuncia con una maggioranza qualificata (la maggioranza semplice è stata sostituita nel 2016 dai 5/7 o 4/6). Naturalmente, si tratta di specialisti chiamati ad esprimersi non tanto sulla inspiegabilità quanto sulla innaturalità di una guarigione, fermo restando quanto ci siamo detti fin qui sulla istantaneità e completezza di una malattia incurabile.
Ebbene, forse non tutti sanno che sotto il pontificato di Giovanni Paolo II sono state proclamate sante più persone che non nel resto della storia della Chiesa, e se ultimamente ci sono stati tanti santi, ci sono stati anche tanti miracoli: ecco quindi negata la logica secondo cui modernità = rarefazione dei miracoli, a meno di voler dubitare della buona fede dei membri della Consulta Medica. Avviene qui l’esatto opposto di quanto si sta verificando a Lourdes, dove sono state censite appena 69 guarigioni miracolose (di cui pochissime negli ultimi due decenni), a fronte di un numero di guarigioni dichiarate di diverse migliaia: perché? È evidente che le diverse procedure condizionano enormemente i risultati finali. Tuttavia, non va dimenticato che al medico spetta solo il compito di riconoscere l’eventuale “impossibilità” della guarigione, ma non è lui a pronunciarsi sul carattere miracoloso della stessa: infatti il giudizio finale spetta poi ad un gruppo di teologi che dovrebbero avere il ruolo di esaminarne il significato spirituale, le sue conseguenze sulla vita dell’interessato/a, (e non di fare da semplici “passacarte” di decisioni altrui). Concludendo, nel riconoscimento di questi avvenimenti andrebbe forse maggiormente enfatizzato il ruolo di chi, teologo, è in grado di meglio interpretare il messaggio che il buon Dio, con questi eventi, vuole comunicarci[ii].
Alessandro Laudadio
[i] Si veda https://www.lalucedimaria.it/perche-miracoli-lourdes-calano-passare-del-tempo/
[ii] Vedi anche il mio https://www.lalucedimaria.it/davvero-alla-fede-servono-miracoli/