Il filosofo cattolico Fabrice Hadjadj ha inviato una lettera ai suoi studenti ed ex studenti dell’Istituto europeo di studi filosofici, Philanthropos, di cui è direttore.
Nel messaggio lo scrittore cerca di realizzare quello che sta succedendo da un punto di vista pragmatico e cristiano. La riflessione ha un sapore amaro ma è fortemente aperta alla speranza e alla consapevolezza che solo Dio conosce la verità delle cose, e che per questo è necessario affidarsi a Lui per superare queste giornate difficili.
“Dobbiamo ammetterlo: stiamo improvvisando nel modo più totale. Le cose evolvono troppo rapidamente per permetterci di fare qualcosa di meglio che navigare a vista. Da un giorno all’altro, da un’ora all’altra, le carte vengono completamente rimescolate, le regole del gioco stesso cambiano”, scrive Hadjadj ai suoi studenti.
La presa di coscienza dello scrittore francese, di origine ebraico-tunisina e convertitosi al cattolicesimo nel 1998, autore del libro “Mistica della carne”, riguarda il fatto che la scienza ha inevitabilmente i suoi limiti. E che per questo, pensare di divinizzarla affidando alla tecnica e al progresso ogni risposta, non solo è illusorio ma è anche idolatrico, e non può che portarci in una direzione sbagliata.
Una lezione che ci è già stata data dalla storia, per questo basterebbe ripercorrere con realismo tante vicende del passato consapevoli che la natura dell’uomo non ci permette di superare la sua limitatezza e finitezza.
“Questa situazione senza precedenti rinvia a paure ancestrali e a storie molto antiche: Tucidide o Lucrezio descrivevano la peste di Atene durante la quale i templi degli dèi si riempirono di cadaveri, Alessandro Manzoni ambientava un celebre capitolo dei Promessi sposi nel mezzo dell’epidemia che devastava Milano falciando un quarto della sua popolazione”, constata infatti amaramente il filosofo.
Citando anche il saggio di Albert Camus, “la Peste”. “Benché un flagello sia un accadimento frequente, tutti stentiamo a credere ai flagelli quando ci piombano addosso. Nel mondo ci sono state tante epidemie di peste quante guerre. Eppure la peste e la guerra colgono sempre tutti alla sprovvista”, scriveva Camus. Il dito è puntato contro chi si reputa sapiente e per questo crede di poter controllare tutto, per un senso erroneo di onnipotenza.
Ma la verità è tutt’altra. E la storia continua a riportarla al centro. “A questo riguardo i nostri concittadini erano come tutti gli altri, erano presi da se stessi, in altre parole erano umanisti: non credevano ai flagelli. Dal momento che il flagello non è a misura dell’uomo, pensiamo che sia irreale, soltanto un brutto sogno che passerà. Invece non sempre il flagello passa e, di brutto sogno in brutto sogno, sono gli uomini a passare, e in primo luogo gli umanisti che non hanno preso alcuna precauzione”.
La lezione che viene da Camus ci porta con i piedi per terra rispetto all’illusione di poter fare a meno di Dio, e di dovere rendere conto alle leggi del Creato che Nostro Signore ci ha donato per conservare e custodire. Troppo spesso, nella società moderna, l’umanità ha pensato di potersi affrancare dalle leggi del Signore, o addirittura di sostituirsi a Lui.
“I nostri concittadini non erano più colpevoli di altri, dimenticavano soltanto di essere umili e pensavano che tutto per loro fosse ancora possibile, il che presumeva che i flagelli fossero impossibili. Continuavano a fare affari, programmavano viaggi e avevano opinioni. Come avrebbero potuto pensare alla peste che sopprime il futuro, gli spostamenti e le discussioni?”, è la domanda che risuona beffarda negli scritti di Camus.
Per questo, afferma il filosofo Hadjadj con realismo, la soluzione non può essere che la preghiera. “Preghiamo Nostra Signora di Bourguillon, guardiana della fede, e anche san Sebastiano e santa Corona, che si invocano soprattutto durante le epidemie“.
Giovanni Bernardi
Fonte: tempi.it
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