Nonostante le polemiche suscitate dalla questione “Dolceacqua”, ovvero all’esposizione di un cartellone raffigurante il borgo italiano privato delle croci sui campanili delle Chiese, la Lidl (catena di distribuzione tedesca molto diffusa in Italia) non accenna ad interrompere la sua linea del “Politicamente corretto”, continuando ad eliminare da ogni prodotto in vendita nei suoi store i simboli religiosi. Questa volta è toccato agli yogurt greci che vedono raffigurate nella confezione le tradizionali chiese ortodosse. Anche in questo caso non vi è più traccia delle croci che solitamente campeggiano sulle strutture sacre, anche in questo caso la scusa è stata la stessa: “Non vogliamo offendere nessuno dei nostri clienti”.
Anche supponendo che i clienti della Lidl siano così sensibili da trovare offensivo un prodotto tipico greco con una chiesa ortodossa in primo piano, ci chiediamo se non sia offensivo, secondo la dirigenza della Lidl, per un ortodosso trovare uno dei suoi simboli religiosi mutilato. Se davvero la mossa è stata fatta per tutelare ogni religione è errata, se è stata fatta per non offendere i musulmani si tratta di una scelta parziale e discriminatoria nei confronti dei cristiani. In un articolo pubblicato su ‘Alleanza Cattolica’ si legge che una simile direttiva parte dal protestantesimo e dall’idea di una vita profana distaccata dalla legge morale: ovvero l’esistenza di una parte di vita che non è soggetta ai dettami della religione.
Più probabile, però, che si tratti semplicemente di captatio benevolentiae: un modus operandi attraverso il quale l’azienda non si vuole inimicare nessuno e, traendo spunto dalle direttive europee che puntano ad eliminare ogni segno religioso dai luoghi pubblici, attraverso cui vuole eliminare ogni fonte di disagio. Sicuramente, infatti, anche i simboli di altre confessioni religiosi sono stati o saranno rimossi dai prodotti, la domanda, però, che permane è: tutto questo è davvero necessario?