Il Daesh ha rappresentato per le popolazioni irachene e siriane un dominio spietato e feroce, foriero di sofferenza ed ingiustizia. Oggi che il predominio del sedicente Stato Islamico è stato interrotto, le conseguenze della follia estremista dell’Is continuano a manifestarsi a danno di chi a quel tentativo di sovvertire con la violenza il potere costituito ha preso parte solo marginalmente se non per costrizione. Oggi, infatti, ha pagare le conseguenze della scellerata guerra all’occidente portata avanti dall’Isis sono le così dette spose del Daesh e relativi figli.
Illuminate (per certi versi) e al contempo inquietante è il rapporto steso da Amnesty International sul trattamento riservato in Iraq a chi volente o nolente ha dovuto aderire allo Stato Islamico per avere salva la pelle: “A migliaia, donne e bambini iracheni con supposti legami con l’Is sono condannati per crimini che non hanno commesso. Sono marchiati come ‘famiglie dell’Is’. Cibo, acqua e assistenza sanitaria sono loro negati”. Queste persone, tra cui ci sono molti bambini ed adolescenti, che vorrebbero come gli altri tornare alla vita sono trattate come reietti, isolate, escluse dalla vita di società (gli vengono negati documenti e conseguenti possibilità lavorative), maltrattate ed abusate dai soldati, poiché giudicate colpevoli ancor prima che giungano delle prove a supporto di questa colpevolezza.
Quella che, analizzando la situazione, appare una palese ingiustizia, non trova soluzione nella possibilità di un ritorno in Europa di chi, tra questi, ha un passaporto comunitario. La maggior parte degli “europei” prigionieri nelle zone prima controllate dall’Is sono donne costrette ad aderire alla guerra dai mariti. Per alcune di esse è stato già disposto di comune accordo tra Mosca e Mosul il trasferimento in Russia (dove verranno prima processate ed in seguito riammesse in società), mentre per altre la situazione è decisamente più complicata. In Francia, ad esempio, si preferisce che le donne trasferitesi nel Medio Oriente volontariamente siano processate in Siria ed Iraq. In Germania, al contrario, è stato permesso il ritorno ma in questi giorni si cerca di capire come risolvere la questione e comprendere chi tra donne e bambini è colpevole di radicalizzazione. Infine c’è la Gran Bretagna, Paese colpito duramente dal terrorismo, in cui il ritorno delle spose del Daesh è visto con preoccupazione dalla stampa e dall’opinione pubblica.
Luca Scapellato
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