Il migliore amico di Maurizio Costanzo rivela la sorprendente richiesta da parte del popolare conduttore poco prima di morire.
Negli ultimi giorni della sua vita il giornalista ha fatto un incontro importante: l’amico di tutta una vita è andato a trovarlo in clinica. Ma cosa è successo? Cosa si sono detti i due?
Una grande amicizia durata mezzo secolo
È stato uno degli ultimi a vedere Maurizio Costanzo prima che morisse: l’avvocato Giorgio Assumma, 88 anni, ex presidente Siae, storico legale e confidente di molte star dello spettacolo italiane. È stato anche l’amico di una vita del re dei talk show, sempre in prima fila al teatro Parioli in occasione delle sue seguitissime trasmissioni. Si erano conosciuti nel 1973, quando Assumma era presidente della Rusconi Film e aveva contattato Costanzo per un biopic su Alcide De Gasperi. Da quel giorno non si sarebbero più persi di vista.
Per mezzo secolo si sono sentiti ogni giorno, cementando un rapporto consolidato dai riti condivisi per una vita intera, o quasi: dal pranzo in compagnia il mercoledì al caffè che i due erano soliti consumare insieme ogni lunedì e mercoledì al bar Vanni, storico punto di ritrovo davanti alla sede della Rai. Costanzo gli chiedeva giudizi per ogni suo progetto, lui lo consigliava anche sulle cause legali. In 50 anni mai uno screzio, spiega Assumma al Corriere della Sera.
L’ultima telefonata
I due amici si sono sentiti anche giovedì mattina, confida Assumma al quotidiano di via Solferino. È allora che Costanzo ha fatto chiamare l’amico dalla clinica Paideia, dove da un paio di settimane era ricoverato per un piccolo intervento. Quello sarebbe stato il loro ultimo colloquio prima che alcune complicazioni, compresa la broncopolmonite, finissero per rivelarsi fatali per il signore della tv.
«Gli ho telefonato in clinica. Maurizio stava molto meglio, aveva superato bene il piccolo intervento, una sciocchezza, nessuno di noi era preparato al peggio», racconta l’avvocato Assumma. «Era di ottimo umore, abbiamo parlato di lavoro, di una nuova sceneggiatura per il cinema, di un contratto per la tv. Mi ha salutato così: “Ci vediamo presto, tanto non questa, ma la prossima settimana esco”. E invece una polmonite se l’è portato via. Il giorno dopo è morto. Era il mio unico vero amico. Adesso con chi parlerò?».
Maurizio Costanzo è morto venerdì 24 febbraio, il giorno dopo quell’ultima telefonata col suo amico più caro. Quattro giorni prima, riporta Dagospia, Assumma era andato a trovarlo in clinica. E una volta da soli nella camera il conduttore, malgrado si fosse sempre dichiarato non credente, avrebbe chiesto all’amico cattolico di recitare assieme un’Ave Maria.
Conversazioni sull’aldilà
Poi tra i due grandi amici la conversazione finirà per cadere sul “dopo”, su cosa ci succederà alla fine della vita terrena. Costanzo vuole sapere se nell’aldilà avrà modo di incontrare suo padre. Il tutto si intreccia in un dialogo dove la serietà dell’ultimo passaggio si mescola inestricabilmente alla giovialità, come in qualche scena di uno dei film della saga di Amici miei. A riferirlo, sempre al Corriere, è lo stesso Assumma: «Maurizio mi chiese: “Secondo te, quando si va all’altro mondo, di là che succede?” Risposi: “Non lo so, però si va a stare meglio”. “E potrò avere un televisore?”. “Non credo”. “Sai che noia allora”. “Ma no, vivrai nella pace del Signore”. Vabbè, allora facciamo che chi arriva primo aspetta l’altro”».
Un’immagine commovente, quella di un amico che aspetta l’altro sulla soglia di un mondo di luce e di pace. Che fa il paio con quella di due amici fraterni che si riscoprono figli davanti alla Madre. Viene alla mente, al pensiero di quell’Ave Maria discretamente recitata in una stanza d’ospedale con l’amico più intimo, una bellissima meditazione di Charles Péguy sulla preghiera mariana per eccellenza. Eccola:
«Il Padre Nostro è il padre delle preghiere. L’Ave Maria è come un’umile donna.
Il regno del Padre Nostro è il regno della speranza: Dacci oggi il nostro pane.
Ma il regno dell’Ave Maria è un regno più intimo, più segreto, più nascosto.
Le preghiere a Maria sono preghiere di riserva. Nel meccanismo della salvezza, l’Ave Maria è l’ultimo aiuto. In tutta la liturgia non vi è altra preghiera che possa essere detta veramente dal più miserabile peccatore come l’Ave Maria. Con l’Ave Maria nessuno può dirsi perduto.
Signore, al giudizio universale non ci sarà bisogno di memoriali o di certificati.
Ma nessuno potrà cancellare la traccia di un Pater o di un’Ave».