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La santità è anelito di perfezione

La santità è anelito di perfezione

La santità è anelito di perfezione

Gli ultimi 2 secoli di storia hanno avuto moltissimi aspetti negativi ed anche tantissimi aspetti positivi.

Decidere quali aspetti abbiano prevalso è un’impresa improba. Per esempio si potrebbe dimostrare facilmente che dal punto di vista tecnologico e scientifico – si pensi ai trasporti per esempio o alla medicina – i progressi siano stati enormi ed incalcolabili. Dal punto di vista culturale, la situazione è assai più sfumata. Se la fine dell’analfabetismo, almeno in Europa, è certamente da annoverare tra i successi, la perdita di senso critico registrata negli ultimi decenni – unita ad un certo livellamento verso il basso e a una sorta di massificazione del sapere – è piuttosto un regresso e un punto dolente della contemporaneità.

A livello spirituale, la cosa si complica ancora. Il XX secolo per esempio, presenta un numero di martiri cristiani davvero incalcolabile: i martiri del comunismo (in Spagna, in Cina e in Russia), del nazismo, del genocidio armeno, etc. E abbondano altresì figure di rara esemplarità morale, come padre Pio, padre Kolbe, s. Josemaría, i pastorelli di Fatima e molti altri. D’altra parte, il Novecento resta anche “il secolo del male”, come lo definì Giovanni Paolo II: il secolo dell’apostasia silenziosa delle nazioni già cristianizzate, il secolo dell’odio, della violenza e dell’ateismo di massa (comunista, specie dopo il ‘17 o libertario-nichilista, dopo il ‘68).

Risulta pertanto accettabile il giudizio di fondo fornito da uno storico cattolico, in una recente opera di divulgazione: “Il cristiano giudica la storia con il metro di giudizio della Chiesa e non la Chiesa con il metro di giudizio della storia. Per questo affermiamo che gli ultimi anni e gli ultimi secoli hanno visto un arretramento, e non un progresso dell’umanità. L’umanità è regredita, si è de-civilizzata negli ultimi secoli, soprattutto negli ultimi duecento anni, perché si è allontanata dal suo centro che è la Chiesa, che è Gesù Cristo, punto apicale della storia e dell’universo” (Roberto de Mattei, La Chiesa fra le tempeste, vol. II, Sugarco, 2018, p. 12).

Oggigiorno, tra le cose migliori del nostro difficile contesto storico, c’è il possibile ed anzi il facile reperimento di strumenti culturali, spirituali e teologici che un tempo erano piuttosto proibitivi o riservati a delle élite. Così, molte case editrici cattoliche hanno investito sulla proposizione o sulla riproposizione di testi tutt’altro che alla moda, destinati però a produrre certamente una nuova generazione di cristiani veri, ben formati, consapevoli e attivi nella società e nella Chiesa.

Ci riferiamo in questo caso alle edizioni san Paolo le quali con coraggio e lungimiranza, hanno appena curato la ripubblicazione di uno dei migliori manuali di teologia spirituale degli ultimi 100 anni (cfr. Adolphe Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica, San Paolo, pagine 868).

Alcuni libri – come questo leggendario Compendio – sono delle pietre miliari e divengono presto, quasi immediatamente, dei classici. Più si ha l’abitudine di leggere e di ben meditare quanto si legge, e più facilmente si riesce a discernere un classico da un libro ordinario, il quale non segnerà la storia. Formarsi sui classici (della letteratura, della filosofia, della storia e della teologia) lo consideriamo un dovere grande per il cristiano che non voglia divenire, magari senza avvedersene, succube dello “spirito dei tempi” e del Pensiero Unico. I classici, letti e riletti alla luce della Parola divina, divengono delle armi concettuali, dei salvagente, delle potentissime torce e dei mezzi irrinunciabili per crescere nella conoscenza della verità, per maturare nell’approfondimento del Vangelo e per sviluppare una connaturalità col pensiero dei saggi di ogni tempo.

Padre Tanquerey (1854-1932), fu un dottissimo sulpiziano francese, il quale oltre all’insegnamento e alla ricerca, si dedicò alla redazione di libri di formazione che gli hanno assicurato – definitivamente – un posto tra i classici della teologia cattolica, accanto a vari altri maestri del suo tempo.

La riproposizione del suo testo più ragguardevole non è una mera operazione commerciale. E giustamente, il cardinal Beniamino Stella, Prefetto per la Congregazione del Clero, sottolinea nella Presentazione dell’opera che “La nuova edizione del celebre Compendio di teologia ascetica e mistica (…) a novant’anni dalla prima edizione italiana (1928), vuole rispondere all’impellente necessità di formare su basi sicure i direttori spirituali e tutti i battezzati che vogliono personalmente approfondire l’universo sconfinato e meraviglioso della vita di Cristo in noi” (p. 5). E il Prefetto constata non essere affatto facile “specialmente oggi, incontrare veri maestri e padri spirituali” (corsivo mio). Il prezioso testo, sempre secondo lo Stella, non manca di limiti dovuti al tempo e alla contingenza di ogni opera umana. “I pregi superano però i limiti; e sono pregi oggigiorno piuttosto rari!” (p. 6).

Ma se come scrive il cardinale il libro ha dei limiti, poiché ogni opera umana ne ha, è anche vero che la stessa Presentazione dell’opera non ne è esente. Secondo Sua Eminenza infatti, il Compendio del Tanquerey, presenta “una spiritualità scarsamente alimentata dai grandi concetti biblici” (p, 6). Ma questo non è vero. Al di là delle incalcolabili citazioni dell’Antico e del Nuovo Testamento, l’Autore ha usato come fonti principali del suo testo “la Scrittura e la Tradizione” (p. 22), quindi il Magistero e gli auctores probati. Nulla di anti-biblico dunque. Il suo amore alla Parola di Dio si evince in ognuna delle oltre 800 pagine che lo compongono, cosicché può scrivere giustamente che “il Nuovo Testamento è già un codice di perfezione” (p. 23).

Il testo si presenta come un Compendio, ma in realtà appare più come una vastissima Somma di teologia spirituale, in cui tutti i temi principali sono trattati per bene, con molti rimandi bibliografici agli autori di riferimento. Le opere citate dei grandi maestri del passato, dai Padri della Chiesa agli scolastici sino ai moderni, occupano una ventina di pagine (789-813). Un prezioso indice dei temi trattati (dal lemma Abbandono al lemma Zelo), simile a quello ben noto del Catechismo della Chiesa cattolica, occupa un posto di rilievo nell’economia dell’opera (pp. 815-841) e permette di consultare il tomo come fosse un Dizionario di vita spirituale cristiana.

Se c’è un ambito della spiritualità cattolica che è tristemente scemato negli anni successivi al Vaticano II, questo è quello dell’ascesi (pratica) e dell’ascetica (teorica e dottrinale). Padre Tanquerey però viveva in prima persona l’ascesi che insegnava, e il suo magistero non ha perso nulla della sua validità etica e assiologica.

Anzi, oggi che l’edonismo e il materialismo, il consumismo e il neo-paganesimo fioriscono persino all’interno della comunità ecclesiale, riscoprire il valore dell’abnegazione (n. 321 ss.), della castità (n. 370 ss.), della contemplazione (n. 10 ss.), della mortificazione (n. 196 ss.), dell’obbedienza (n. 374 ss.) e della sottomissione alla volontà di Dio (n. 478 ss.), può solo che far del bene al singolo cristiano e alla Chiesa. E conseguentemente al mondo intero.

Senza questi valori – a torto ritenuti superati in quanto tipici di certe correnti esasperate o ereticali del cattolicesimo medievale – la civiltà umana non si manterrà in piedi, e tenderà a franare su sé stessa.

Solo il desiderio di perfezione, insegnatoci apertis verbis dal Maestro (cf. Mt 5,48) rende l’uomo tendenzialmente giusto, la società ordinata e vivibile, il cristiano esemplare e coerente, e la Chiesa – luminosa e illuminante di virtù – rifugio dei peccatori e speranza dei disperati.

Fabrizio Cannone

 

 

 

 

 

Armando

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