Solitamente si pensa alla preghiera come ad uno strumento per entrare in contatto con Dio e trovare al contempo la pace interiore. Gli effetti della preghiera sul cervello sono da sempre oggetto di studio da parte degli scienziati, incuriositi dagli straordinari risultati che una pratica contemplativa giornaliera apporta ai soggetti che la effettuano. Sin dagli anni settanta, inoltre, si pensa che la preghiera in se abbia un effetto biochimico simile al rilassamento, il primo a teorizzare questo collegamento è stato il cardiologo americano Herbert Benson, il quale sosteneva che una preghiera costante poteva abbassare la pressione sanguigna, aumentare la serotonina, ridurre il ritmo cardiaco e abbassare la tensione muscolare.
L’idea di Benson parte dall’osservazione della meditazione buddista, ai più è noto come questi monaci siano capaci di resistere alle condizioni estreme e di rallentare a loro piacimento il ritmo cardiaco. Partendo da questa analisi si è scoperto come gli effetti di una preghiera (non importa la religione o il livello di fede del soggetto) siano gli stessi di una medicina: nel 1992 Andrew Newberg ha fatto un esperimento per verificare cosa accadesse nel cervello nel momento di massima connessione con il proprio io; i soggetti, appartenenti a fedi diverse, erano chiamati a tirare una corda nel momento in cui si sentivano in estasi o in connessione con il proprio io, a questo punto, tramite una risonanza magnetica, gli veniva controllato il cervello per capire quale area del cervello si attivasse.
Il risultato di questo esperimento ha dello straordinario, in tutti i casi (che si trattasse di un buddista o di una monca francescana) si attivavano le medesime zone del cervello. La scoperta di Newberg fu avvalora negli anni seguenti grazie a strumenti di analisi sempre più accurati. Ma in concreto cosa accade ai soggetti durante la preghiera?
Il cervello spegne i recettori degli stimoli sensoriali legati ad udito vista ed olfatto e permette al soggetto di concentrarsi nella propria interiorità. Come spiegato dalla dottoressa Urru, la corteccia prefrontale aumenta la propria attività (si tratta dell’area preposta alla percezione delle emozioni), ma non solo, continua la dottoressa: “Si mettono maggiormente in moto il nucleo caudato, l’insula e il giro del cingolo, tre centri implicati nella percezione della nostra unità con il tutto, oltre che importanti per memoria, apprendimento e innamoramento”. Dunque avviene lo stesso procedimento cerebrale riscontrato di fronte alla contemplazione di un opera d’arte o di un paesaggio meraviglioso, come se il nostro cervello ricercasse un unità con il tutto.
Inoltre, la stimolazione di queste aree permette al nostro corpo di abbassare la pressione sanguigna e di conseguenza il battito cardiaco, permette di alzare i livelli delle difese immunitarie e di diminuire il livello di cortisolo nel sangue. Se a livello chimico fisico accade questo, a livello psichico la preghiera aumenta il senso di unitarietà del tutto, un’esperienza trascendentale che è indotta dalla struttura del nostro cervello. Che si creda o meno che questo significhi arrivare a Dio nella nostra interiorità è indubbio che gli effetti riscontrati siano maggiormente presenti in chi ha l’abitudine di pregare. Perché il processo funzioni, però, c’è la necessità che la persona abbia una vera esperienza interiore e non che reciti una formula priva di significato e di meditazione: “Quello verso Dio è una sorta di sesto senso, da aggiungere agli altri cinque e allenare nel tempo, per non cadere nell’errore di interpretare la preghiera come una formula miracolosa, da usare quasi a comando”.
L’ultimo effetto riscontrato (ma non il meno importante) in chi pratica la preghiera è l’aumento della serotonina, un trasmettitore di fare funzioni del cervello che è correlato ai disturbi dell’umore. Un maggior livello di serotonina permette di essere di buon umore, rilassati e concentrati, aiuta insomma a combattere la depressione (insomma viene dimostrato come la preghiera abbia lo stesso effetto di un anti depressivo).
Insomma questi studi hanno dimostrato quello che la religione dice da sempre, la preghiera aiuta l’anima, il corpo e lo spirito permettendoci di vivere una vita più serena perché in contatto con il tutto.
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