Tante sono le reliquie dei Santi che sono esposte al pubblico per la venerazione. Quella di cui vi parliamo oggi è davvero speciale.
Ha un significato e valore profondo perché legato alla figura di uno dei Santi più amati e venerati al mondo.
In molti l’hanno chiamata “la Sindone di Padre Pio”. Cerchiamo di capire insieme di cosa si tratta.
Una importantissima reliquia
Quando pensiamo al temine “sindone”, alla mente ci torna subito il lenzuolo di lino che ha avvolto il corpo di Cristo una volta che è stato deposto dalla croce e poi messo nel sepolcro. Certo: quella è la sindone vera e propria, ma possono esserci anche altre “sindoni” diverse e che riguardano i Santi.
Se parliamo del fazzoletto di Padre Pio, in pochi o pochissimi nel conoscono la storia. Una sorta di vera e propria “sindone” di questo Santo, tra i più pregati e venerati al mondo e, anche se la storia di questo fazzoletto è poco conosciuta, ci sono testimoni che affermano anche di aver conosciuto chi, in questi anni, l’ha custodito.
La storia di questa reliquia è stata raccontata da Francesco Cavicchi, un industriale veneto, deceduto nel 2005. Conservava il fazzoletto da diverso tempo, ma lo ha sempre tenuto nascosto, fino al giorno in cui Padre Pio non è stato proclamato Santo.
Un comunissimo fazzoletto, con delle righe sui bordi, come quelli che gli uomini usavano un tempo: mostra su un lato un’effige di Padre Pio e sull’altra un’immagine somigliante a quella di Cristo.
La storia del fazzoletto di Padre Pio
Era il 1967 quando Francesco, come tantissimi altri fedeli, si reca a San Giovanni Rotondo con la sua famiglia, per chiedere consigli a Padre Pio. Purtroppo, in quei giorni, il Frate di Pietrelcina non stava bene, tanto da portare Francesco a pensare di non riuscire ad incontrarlo.
“Prima di partire, andai dal Superiore del Convento, per sapere se, tramite lui, potevo far giungere il mio messaggio a Padre Pio e avere una risposta. Lui rispose: “Tra poco scende per confessare gli uomini. Aspettalo lì”. Preso dall’agitazione per quell’imminente e tanto atteso incontro, estrassi un fazzoletto dalla tasca, per asciugarmi il sudore” – racconta Francesco.
L’ascensore scendeva e tutti attendevano Padre Pio: “Mi inginocchiai davanti alla porta. Quando questa si aprì, il Padre mi diede da baciare la mano e disse sorridendo: “Figliolo, se non ti alzi, io come faccio a uscire?” Era vero. Ostruivo il passaggio. Mi alzai. Lui vide il fazzoletto che tenevo in mano e me lo prese. Io subito pensai: Che bellezza! Poi, quando me lo restituirà, sarà per me una reliquia preziosa” – racconta.
Francesco comincia a parlare a Padre Pio dei suoi problemi. Dall’altro lato, Padre Pio rispondeva ma lì c’era la folla che stava aspettando il Santo frate, per questo, dovette farsi da parte.
Padre Pio, però, lo richiamò, per ridargli il fazzoletto: “Guagliò, e questo non te lo prendi?”. Ah, sì, grazie”, balbettai ricordandomi che era un ricordo bellissimo. Lui mi fissò negli occhi, dispiegò il fazzoletto, se lo passò sul volto, quasi a voler asciugare un ipotetico sudore. In quel momento, sul fazzoletto non c’era nulla, ma il fatto che fosse stato tra le mani di Padre Pio e avesse toccato il suo viso, lo rendeva già un ricordo, una reliquia di gran valore”.
E’ stato da quel giorno che Francesco l’ha sempre tenuto con se e, solo qualche volta, lo mostrava ad altre persone, raccontando con fierezza dell’accaduto. Alla morte di Padre Pio, il 23 settembre del 1969, Francesco si reca nuovamente a San Giovanni Rotondo.
Il sogno e quelle macchie di sangue
“Per la stanchezza dovuta al viaggio, mi addormentai su uno dei banchi della chiesa e sognai Padre Pio che mi mostrava la piaga del costato e mi chiedeva di toccarlo. Nel sogno, le sue mani rimanevano sporche di qualcosa che ho asciugato con un fazzoletto.
Al mio risveglio, per una serie di circostanza, presi a guardare il fazzoletto, che un tempo Padre Pio aveva tenuto tra le mani e, li, cominciai a scorgere gli stessi segni scuri, che aveva tracciato sul fazzoletto, in sogno, e che avevano le sembianze di un volto umano. Il tempo e la preghiera mi hanno fatto capire meglio cosa fosse accaduto e che quell’immagine era del Santo di Pietrelcina, come del Cristo, nel retro!” – ha raccontato con entusiasmo Francesco.
Una vera e propria sindone, possiamo definirla, tanto che, dopo la morte di Francesco (come dicevamo, nel 2005), il fazzoletto in questione è stato analizzato. “Le due immagini che si vedono su questo fazzoletto non hanno alcuna spiegazione scientifica e non sono, quindi, opera umana. Queste immagini hanno le tipiche caratteristiche della Sindone: non sono state dipinte, non sono state disegnate, sulla tela non si trova nessuna traccia di colore o di altra sostanza” – ha affermato il professor Giulio Fanti, esperto della sindone di Cristo, dell’Università di Padova.
Non più solo un ricordo personale del signor Francesco, ma una reliquia di tutti che, oggi, dopo la morte della vedova di Francesco, è custodita in una teca in un convento di frati i quali hanno voluto mantenere l’anonimato.