La storia di Sergio De Simone, unico bambino italiano usato come cavia ad Auschwitz, è di quelle che fanno stringere il cuore. Il piccolo è stato assassinato quando aveva appena 8 anni.
A volte ci si dimentica delle atrocità commesse dai nazisti durante tutta la Seconda guerra mondiale ed in particolare durante quella che è conosciuta come “Soluzione finale“. I concetti di eugenetica messi in pratica per di più con la visione contorta e malata di un élite che pensava di controllare il mondo con qualsiasi mezzo, ha dato vita a quello che ancora oggi è il peggior crimine di guerra mai esistito. I nazisti hanno pianificato il genocidio di un’intera comunità religiosa, perché, è bene ricordarlo, gli ebrei erano sì un popolo ma non propriamente una razza, erano più semplicemente gli appartenenti ad una confessione religiosa la cui nazionalità era italiana, tedesca, polacca, russa, o di qualsiasi altra parte d’Europa, America e Asia.
A ricordare a noi italiani (e farlo servirebbe sempre più spesso al giorno d’oggi in cui la questione razziale è tornata fortemente in auge) quella macabra e annichilente opera di violenza disumana è la storia di Sergio De Simone, bambino napoletano di appena 8 anni morto ad Auschwitz, l’unico italiano sottoposto ad esperimenti di eugenetica insieme ad altri 19 bambini di differenti nazionalità.
Deportato al campo di sterminio insieme alla famiglia il 4 aprile del 1944, Sergio venne marchiato con un numero e allontanato dagli altri componenti del nucleo familiare. Sin da quel gesto, la marchiatura, si capiva come gli ebrei non fossero trattati come persone ma come cavie e si puntasse ad annullare la loro personalità. Il suo destino era segnato sin dal momento in cui era giunto in quel luogo di morte, una sera il dottor Joseph Mengele (uno dei padri dell’eugenetica nazista) prelevò Sergio insieme ad altri 19 bambini per portarli dal dottor Kurt Heissmeyer (uno dei peggiori criminali dell’esercito nazista), addetto agli esperimenti sui bambini.
I piccoli si trovavano ora a Neuengamme, in un campo di concentramento vicino ad Amburgo. Heissmayer praticò loro un incisione sotto l’ascella, quindi iniettò nei loro corpi i bacilli vivi della tubercolosi per fare sviluppare in maniera rapida e violenta la malattia. Tutti i bambini vennero infettati ed alcuni di loro vennero sottoposti anche a vivisezioni ed altre torture, tra cui la rimozione delle ghiandole linfatiche. Il tutto è durato 15 giorni (fino al 20 aprile), poi l’imminente arrivo delle truppe angloamericane, costrinse i medici nazisti ad uccidere i bambini per nascondere le tracce.
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Luca Scapatello
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