Le traversie di Dalal cominciano nell’agosto del 2014 quando l’Isis, appena entrato nel nord dell’Iraq, invade il piccolo villaggio di Hardan (Sinjar): quel giorno uno dei militanti del sedicente ‘Stato Islamico‘ rapisce lei (17 anni) la madre, le sue due sorelle ed i suoi due fratelli insieme ad altri 20 abitanti del villaggio. Il giorno seguente lei e le sue sorelle vengono vendute ad alcuni combattenti che ne abusano sessualmente e le picchiano ogni qualvolta fanno resistenza per pregare verso La Mecca, mentre i fratelli vengono obbligati a combattere. Il calvario di Dalal dura 9 mesi, periodo durante il quale viene venduta a 9 uomini differenti, ognuno dei quali (ad eccezione dell’ultimo) ne abusa quotidianamente o la obbliga a guardare mentre vengono abusate altre ragazze o peggio delle bambine.
Di quel periodo la ragazza ricorda tutto, la memoria dei maltrattamenti è scolpita a fuoco nella sua mente e mai scorderà le atrocità subite, ma la cosa che la faceva soffrire di più è stata l’obbligo di rinuncia alla sua fede religiosa: “Il dolore e l’orrore erano costanti e indescrivibili. Quando non violentavano me, assistevo agli stupri delle altre ragazze. Era orribile essere violentate e vendute, ma l’essere obbligate a pregare era ancora più insopportabile. Perché nel mio cuore vivevo e vivo ancora la mia religione”. L’orrore è finito nel maggio del 2015, quando un uomo stanco della follia dell’Isis l’ha aiutata a scappare. Dalal racconta anche che uno dei suoi fratelli è stato ucciso, mentre l’altro fratello ed una delle sue sorelle sono riusciti a scappare a dicembre del 2017. Tutt’ora sua madre e l’altra sorella sono in mano del Califfato.
In questi ultimi anni la ragazza ha pensato a quale futuro l’attende. In un primo momento ha desiderato lasciarsi tutto alle spalle, ma poi si è resa conto che la sua testimonianza sarebbe stata fondamentale per salvare altre donne, ragazze e bambine da un destino di schiavitù ed ha deciso di aderire all’iniziativa di Acs.
Luca Scapatello
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