La comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con l’ospedale San Giovanni di Roma e altri presidi ospedalieri, hanno messo a disposizione dei Paesi africani, a cominciare dalla Tanzania, le moderne tecnologie telematiche. Il fine è quello di realizzare un consulto medico a distanza, grazie alla telemedicina. L’iniziativa è già in atto da qualche anno e si spera di poterla diffondere al più presto in molti Pesi del mondo, in cui l’emergenza sanità è molto alta. Ecco qualche notizia in più, direttamente dal dottor Michelangelo Bartolo, responsabile del servizio per la parte romana.
“Il servizio di telemedicina è un aiuto molto concreto per poter essere vicini a questi centri di salute aperti in Africa. E’ stato creato da qualche anno un network di medici volontari, appartenenti a vari ospedali, università italiane e anche europee, che prestano la loro professionalità rispondendo a diversi quesiti clinici, che arrivano da questi centri locali. Abbiamo iniziato soltanto con un servizio di telecardiologia e attualmente siamo arrivati a ben 17 specialità mediche: dai centri periferici, un medico o un infermiere locale può chiedere un aiuto ad un cardiologo, un ortopedico, un radiologo, un dermatologo, un pediatra, e così via. E’ un modo nuovo di fare cooperazione ad alto impatto, che non è soltanto dare notizie, suggerimenti diagnostici e terapeutici chiari, ma è anche una forma di e-learning e formazione a distanza, continua.”. “Si vedono molte patologie che da noi si riscontrano di meno, ma c’è anche la possibilità di studiare diversi casi clinici che possono essere oggetto di grande interesse. Noi abbiamo risposto in pochi anni più o meno a oltre 5 mila teleconsulti; molti di questi vengono anche schedati con una classifica internazionale per diagnosi e sintomi. E questo permette anche a molti Istituti di ricerca di poter fare degli studi clinici molto importanti anche a distanza.”.
“Siamo in un periodo in cui si alzano nuove barriere, si costruiscono muri, ci sono nuovi particolarismi che si vanno affermando. Credo che questi servizi di telemedicina possano essere dei ponti con queste realtà che noi vediamo lontane, ma che possiamo raggiungere attraverso la tecnologia. Ma soprattutto si aprono nuove forme di cooperazione per aiutare i Paesi da un punto di vista sanitario, ma anche culturale, per sviluppare il proprio territorio e costruire un futuro migliore per la popolazione che talvolta deve ripartire quasi da zero, visto che ci sono sistemi sanitari molto fragili.”.
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