In particolare, dal Concilio Vaticano II, il magistero non ha mai mancato di indicare le potenzialità di questo mezzo di comunicazione, senza però trascurarne i lati oscuri.
Sul sito Amici domenicani, un lettore domanda a padre Angelo se la tv è davvero in mano al demonio.
Nella sua risposta, il sacerdote ricorda quanto già sottolineato quasi sessant’anni fa dal Concilio Vaticano II. “La televisione è una meravigliosa invenzione tecnica”, tuttavia, “è uno strumento e in quanto tale non agisce da sola”, ribadisce padre Angelo.
“Come ogni strumento – prosegue – sta nelle mani di chi la maneggia.
Se noi la mettiamo nelle mani del demonio, allora, sì, è devastatrice.
Ma se la mettiamo nelle mani di Dio può fare un bene immenso”.
Il documento conciliare Inter mirifica, citato dal domenicano, parla infatti delle “meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l’ingegno umano è riuscito, con l’aiuto di Dio, a trarre dal creato” (IM 1).
Queste innovazioni sono accolte e seguite “con particolare sollecitudine” dalla Chiesa, che menziona esplicitamente “la stampa, il cinema, la radio, la televisione”, includendoli tra gli “strumenti di comunicazione sociale”, in grado “di raggiungere e influenzare non solo i singoli, ma le stesse masse e l’intera umanità” (IM 1).
È sempre Inter mirifica a riconoscere che “questi strumenti se bene adoperati, offrono al genere umano grandi vantaggi”. L’uomo, però, può anche adoperare i mezzi di comunicazione “contro i disegni del Creatore e volgerli a propria rovina”. Per questo, il “cuore” della Chiesa come “madre” è “addolorato per i danni che molto sovente il loro cattivo uso ha provocato all’umanità” (IM 2).
A distanza di quasi sessant’anni, il giudizio del magistero non è cambiato. “Proprio perché questo strumento può essere messo nelle mani di Dio la Chiesa non solo se ne serve, ma sente il dovere di servirsene per portare Cristo nelle case e per diffondere tutto ciò che è buono, è giusto ed è santo – spiega padre Angelo –. L’abuso che tanti ne fanno non elimina l’obbligo di farne uso”.
La riflessione avviata dal Concilio, è stata portata avanti dai pontefici successivi. In particolare San Giovanni Paolo II – che notoriamente fu un papa molto ‘mediatico’ – è più volte intervenuto sul tema elle comunicazioni sociali.
Nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1994, ad esempio, Wojtyla scelse come tema Televisione e famiglia: criteri per sane abitudini nel vedere.
Il grande papa polacco ebbe la saggezza di cogliere sia gli aspetti luminosi che oscuri del mezzo televisivo. Il piccolo schermo, osservava, “può unire tra loro più strettamente i membri della famiglia e promuovere la loro solidarietà verso altre famiglie e verso la più vasta comunità umana”.
Il rovescio della medaglia individuato da Giovanni Paolo II era nella capacità del mezzo televisivo di diffondere “valori e modelli di comportamento falsati e degradanti, mandando in onda pornografia e immagini di brutale violenza; inculcando il relativismo morale e lo scetticismo religioso”.
Nondimeno la TV può diffondere “resoconti distorti o informazioni manipolate sui fatti ed i problemi di attualità”, assieme a “pubblicità profittatrice, affidata ai più bassi istinti” e “false visioni della vita che ostacolano l’attuazione del reciproco rispetto, della giustizia e della pace”.
Il Papa invitava dunque i genitori a fare discernimento “per se stessi”, in modo da “attivamente contribuire a formare nei propri figli abitudini nel vedere la televisione che portino a un sano sviluppo umano, morale e religioso”.
In perfetta continuità con il magistero wojtylano sono i pronunciamenti dei suoi successori in merito alla nuova frontiera del web. Sia Benedetto XVI che Francesco hanno insistito più volte sulle potenzialità di Internet e dei contestuali pericoli intorno ad essa.
Cambiano i mezzi di comunicazione ma non l’approccio: la loro natura di per sé è eticamente neutrale. È l’uomo che, nella sua sconfinata libertà, può farne strumenti di pace o di guerra, spalancando ai suoi simili la strada per l’inferno o per il paradiso.
Luca Marcolivio
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