GIROLAMO SAVONAROLA
“Scelgo la religione perché ho visto l’infinita miseria degli uomini, gli stupri, gli adulteri, le ruberie, la superbia, l’idolatria, il turpiloquio, tutta la violenza di una società che ha perduto ogni capacità di bene … Per poter vivere libero, ho rinunciato ad avere una donna e, per poter vivere in pace, mi sono rifugiato in questo porto della religione.”.
Con queste parole Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola (1452–1498, Ferrara) annunciava alla sua famiglia la decisione di prendere i voti.
Era stato probabilmente il nonno ad avviarlo alla ricerca di una spiritualità autentica, che voleva ritrovare e predicare l’essenzialità e la purezza del messaggio di Cristo.
Studiò medicina, filosofia e teologia, ma ben presto si accorse che nemmeno nell’ambito ecclesiale avrebbe trovato, in quel preciso periodo storico, lo spazio per attuare i suoi propositi.
Era quella l’epoca in cui incombeva sul nostro territorio la predominanza francese, mentre a Firenze, centro indiscusso della culturale e degli affari politici ed economici, la famiglia Medici faceva il bello e il brutto tempo. I confini tra religione e politica erano alquanto confusi o del tutto inesistenti; a Papa Innocenzo VIII era succeduto Alessandro VI (Borgia).
Fu in questo clima che crebbe e cominciò a predicare il Savonarola: “La terra è sì oppressa da ogne vizio / Che mai da sé non levarà la soma / A terra se ne va il suo capo, Roma, per mai più non tornar al grande offizio …
Con questi versi annunciava la corruzione dilagante e delineava il suo pensiero in merito alla situazione dell’epoca. Molti pulpiti ebbero l’onore di dar spazio alle sue prediche, nei periodi più caldi dell’anno liturgico, come quello quaresimale, e molte città videro l’ingresso del Savonarola, oltre a Firenze: San Gimignano, Brescia, Modena, Piacenza, Mantova …
Le sue omelie presto presero le sembianze di vere e proprie profezie, ma altro non erano che ammonizioni, sui temi del Diluvio, dell’Apocalisse e della Prima Lettera di San Giovanni (quasi sempre), contro gli assassini, la lussuria, la sodomia, l’idolatria e alcuni cattivi pastori della chiesa, contro il disprezzo per i Santi e la scarsità della fede. Auspicava un rinnovamento della chiesa tutta e della società, attraverso un periodo di penitenza e soprattutto un momento di mea culpa.
Cominciava ad essere amato, stimato e seguito dal popolo, dai poveri, dagli scontenti, tanto che fu definito il Predicatore dei disperati. Voleva rendere indipendenti i Conventi in modo da poter attuare la sua riforma, mentre i frati si privavano dei possedimenti e di ogni bene personale, in favore dei poveri, cominciando a vivere da mendicanti, di elemosine. Lui stesso rinunciò alla carica di Cardinale, offertagli soprattutto per cercare di placarlo: “Non voglio cappelli, non voglio mitrie grandi o piccole, voglio quello che hai dato ai tuoi santi: la morte. Un cappello rosso, ma di sangue, voglio!.”.
E questa, si, fu una profezia. Nonostante le varie minacce di eresia, nonostante i timori che inculcava quando alcuni dei suoi discorsi sembrarono avverarsi, come la morte di Lorenzo il Magnifico, la sua tremenda sorte non fu definita dal capriccio di qualche reggente, poiché, anche se bersagliati dalle sue parole, lo stimavano per il suo carattere integerrimo e caritatevole allo stesso tempo. Fu un inganno a condannarlo, di cui persino Papa Alessandro VI fu vittima. Il figlio del Papa (strana a dirsi questa espressione), Cesare Borgia, gli fece recapitare una falsa lettera di scomunica, falsa in quanto non scritta, ne voluta dal Papa. Alessandro VI, per il folle amore che nutriva per il figlio, non si oppose e così Girolamo Savonarola venne arrestato, torturato, processato e condannato a morte: impiccato e poi bruciato in piazza della Signoria, coi confratelli Domenico Buonvicini e Silvestro Maruff.
Le ceneri vennero gettate nell’Arno. La mattina dopo qualcuno aveva coperto il luogo dell’esecuzione con fiori, palme e di petali di rose.
Savonarola ha lascito molti scritti che oggi sono stati rivalutati e tenuti in gran considerazione, mentre lui, riabilitato in tutto e per tutto, è Servo di Dio, secondo una causa di canonizzazione avviata nel 1997.