Oggi, Venerdì Santo, la Chiesa ricorda la Passione e la Morte di Gesù in croce, per la nostra salvezza e la nostra redenzione.
Ma ci siamo mai chiesti: quali sofferenze Il Signore ha dovuto subire per ciascuno di noi? Davvero il Padre lo aveva abbandonato?
Un medico ha osservato la morte di Gesù attraverso le sue sofferenze, guardandole con gli occhi della scienza.
Gesù muore in croce
La morte di Gesù in croce. Oggi, Venerdì Santo, la Chiesa tutta si raccoglie in preghiera e pone la sua attenzione sul Cristo che si è fatto “obbediente fino alla morte, e ad una morte di croce”. I più scettici si domanderanno: “Ma perché lo ha fatto?”, mentre i veri fedeli chinano il capo davanti alla croce di Colui che, dai peccati, ci ha salvati.
Dall’altro lato, però, c’è la scienza che si domanda e si interroga quali siano state le sofferenze del Figlio di Dio morto nel mondo più atroce e terribile che potesse esserci: quello della croce. Il dottor Davis Truman, in un suo libro pubblicato qualche anno fa dal titolo “Il giorno in cui Gesù morì”, è partito da un presupposto: come medico, non riusciva ad afferrare la vera causa della morte di Cristo.
Nei Vangeli si parla di flagellazione e di crocifissione sì, ma non si scende nel dettaglio, facendo diventare il tutto, quasi come fosse qualcosa di lugubre, dal quale solo allontanarsene per non rimanerne impressionati. Ma lo studioso ha voluto indagare, scendendo proprio nello specifico, nel dettaglio. Cosa ha dovuto subire veramente il corpo di Gesù di Nazareth durante quelle ore di martirio?
Cosa ha subito? Il peso della croce
Partiamo dalla prima: la crocifissione. I Romani impararono questa tecnica dai Cartaginesi e, in poco tempo, lo portarono ad un alto grado di efficienza e professionalità. Nei giorni di Gesù si usava la croce a forma di “T”: “Per esempio: alla parte verticale della croce (la stipe), si poteva fissare il patibolo (crucis), cioè la parte orizzontale, posto a una distanza di 30 – 90 centimetri dalla cima” – spiega.
Chi era condannato, era costretta a portarla fino al patibolo, camminando sotto un peso che andava dai 30 ai 50 kg.
La sofferenza di Gesù, parte, però dal Getsemani: “Un aspetto importante dell’inizio della sofferenza fu il sudore sanguinoso” – continua il dottor Truman – “Gli scienziati moderni hanno cercato di negare questo fenomeno, ma studiando più approfonditamente la letteratura medica, hanno scoperto che il sudore sanguinoso esiste veramente, anche se capita raramente”. Come? A seguito di una grande tensione emotiva, i capillari più piccoli possono rompersi e il sudore così si mischia con il sangue, determinando un forte indebolimento e un eventuale stato di shock.
La flagellazione voluta da Pilato
Gesù, poi, arriva davanti a Ponzio Pilato coperto di lividi e ferito. Durante la notte, ha perso molti liquidi ed è stanco per ciò che ha subito. Pilato acutizza ancora di più la sua sofferenza, facendolo flagellare: “Il condannato è spogliato e le sue mani sono legate sopra il capo, ad un palo. Un soldato romano si fa avanti col flagello in mano. Il flagello era una frusta formata da strisce di cuoio alle cui punte erano legate delle piccole «palline» di piombo” – continua il medico.
La flagellazione lacera la pelle e, se si continua, può arrivare anche a lacerare tessuti posti più in profondità: “Solo quando il centurione in servizio constatava che il condannato era quasi morto, la flagellazione finiva” – prosegue Truman.
La crocifissione e una morte non per soffocamento
La salita al Golgota e la croce sono il colpo di grazia. A Gesù, che viene rivestito delle sue vesti, la croce viene legata alle spalle e, anche se sotto l’enorme peso, lui cerca di rialzarsi ma non ce la fa perché i suoi muscoli sono sfiniti.
Un tratto di strada breve, circa 600 metri, ma che sembra lunghissimo. La crocifissione, il dolore dei chiodi fissati ai polsi che arriva fino al cervello. I crampi della distensione delle mani e delle braccia per tanto tempo, sfiniscono Gesù che non riesce più a respirare regolarmente: “Mentre la percentuale di anidride carbonica saliva, i crampi e il flusso di sangue diminuirono” – spiega il medico.
Se ci fosse stato un medico a poter fare lì l’autopsia a Gesù, conclude Truman, “Gesù stesso non morì per soffocamento, ma perché il cuore si fermò per lo stato di shock in cui Egli era e per la pressione esercitata sul cuore stesso”.