Storie straordinarie di dieci nuovi Santi, in che modo questi uomini e donne hanno donato la loro vita fino a raggiungere la Santità?
Un nuovo importantissimo momento per la Chiesa universale della post-pandemia. Dopo tre anni, sono tornate le canonizzazioni in piazza San Pietro.
Il più atteso e celebrato tra i nuovi santi è stato probabilmente Charles de Foucauld (1858-1916), tuttavia la nutrita folla di fedeli accorsa in Vaticano ha salutato con calore ed applausi anche gli altri canonizzati: Titus Brandsma (1881-1942); Lazzaro detto Devasahayam (1712-1752); César de Bus (1544-1607); Luigi Maria Palazzolo (1827- 1886); Giustino Maria Russolillo (1891-1955); Marie Rivier (1768-1838); Maria Francesca di Gesù Rubatto (1844-1904); Maria di Gesù Santocanale (1852-1923); Maria Domenica Mantovani (1862-1934)
Le storie dei nuovi dieci Santi “tra le pentole della cucina”
Durante l’omelia, papa Francesco, richiamandosi al Vangelo odierno (Gv 13,31-33a.34-35), si è soffermato sul comandamento nuovo proclamato nell’Ultima Cena, che suscita una domanda: “Come ci ha amato Gesù?”. Lui ci amò “fino alla fine, fino al dono totale di sé”.
Gesù pronuncia queste parole nella “notte tenebrosa”, carica di “emozione e preoccupazione” che precede “l’addio ai suoi discepoli”. È anche l’ora del tradimento di Giuda, in cui, tuttavia, “Gesù conferma l’amore per i suoi”.
Anche “nelle tenebre e nella tempesta” si conferma il messaggio “essenziale” per cui “Gesù ci ama”, perché “al centro non ci sono la nostra bravura e i nostri meriti, ma l’amore incondizionato e gratuito di Dio, che non abbiamo meritato”.
“All’inizio del nostro essere cristiani – ha aggiunto il Santo Padre – non ci sono le dottrine e le opere, ma lo stupore di scoprirsi amati, prima di ogni nostra risposta. Mentre il mondo – ha proseguito – vuole spesso convincerci che abbiamo valore solo se produciamo dei risultati, il Vangelo ci ricorda la verità della vita: siamo amati”.
È necessaria, ha detto il Pontefice, una “conversione sull’idea che spesso abbiamo di santità”, troppo fondata sul “nostro sforzo di compiere opere buone, abbiamo generato un ideale di santità troppo fondato su di noi, sull’eroismo personale, sulla capacità di rinuncia, sul sacrificarsi per conquistare un premio”.
La santità, al contrario, andrebbe cercata e abbracciata “nella quotidianità, nella polvere della strada, nei travagli della vita concreta”, come diceva Santa Teresa d’Avila alle consorelle, “tra le pentole della cucina”.
Abbracciare con entusiasmo la propria vocazione
Gesù ha poi comandato: «come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri». Ciò significa che “possiamo amare solo perché Lui ci ha amati, perché dona ai nostri cuori il suo stesso Spirito, Spirito di santità, amore che ci guarisce e ci trasforma”.
Amare significa “servire e dare la vita”, cioè “non anteporre i propri interessi; disintossicarsi dai veleni dell’avidità e della competizione; combattere il cancro dell’indifferenza e il tarlo dell’autoreferenzialità, condividere i carismi e i doni che Dio ci ha donato”.
“Dare la vita”, poi, “non è solo offrire qualcosa, come per esempio alcuni beni propri agli altri, ma donare sé stessi”. Significa “uscire dall’egoismo per fare dell’esistenza un dono, guardare alle necessità di chi ci cammina accanto, spenderci per chi ha bisogno, magari anche di un po’ di ascolto, di tempo, di una telefonata”.
Gli uomini e le donne che oggi vengono canonizzati “hanno vissuto così la santità: abbracciando con entusiasmo la loro vocazione – di sacerdote, di consacrata, di laico – si sono spesi per il Vangelo, hanno scoperto una gioia che non ha paragoni e sono diventati riflessi luminosi del Signore nella storia”.
Il Papa ha quindi esortato: “Proviamoci anche noi, perché ognuno di noi è chiamato alla santità, a una santità unica e irripetibile. Sì, il Signore ha un progetto di amore per ciascuno, ha un sogno per la tua vita. Portatelo avanti con gioia”.
I nuovi santi: un baluardo contro la guerra
Al termine della messa, Francesco ha salutato tutte le autorità religiose e civili presenti, menzionando in modo particolare il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, da lui incontrato personalmente prima della celebrazione.
Poco prima della recita del Regina Coeli, ha concluso esortando: “Mentre tristemente nel mondo crescono le distanze e le delle guerre, i nuovi santi portino al dialogo nel cuore di chi è chiamato ad incarichi di responsabilità di pace e non di guerra”.